FT: Ci potresti raccontare il tuo percorso professionale, come sei arrivato al Fintech?
Ho sempre lavorato nel mondo startup, e dopo una breve esperienza di internship a Londra, 10 anni fa ho iniziato la mia carriera in Bulsara Adverstising, una startup nel mondo media lanciata insieme ad altri ex colleghi dell’università, in cui ho lavorato fino al 2016.
Ho collaborato successivamente per una società di consulenza su un progetto digitale nel mondo bancario, e poi nel 2017 mi sono spostato a Berlino, iniziando a lavorare da Lesara come Direttore del Sud Europa. Ma ad essere sincero, per quanto fossi contento della posizione, il business non si è rivelato così interessante (si trattava di un e-commerce nel mondo fashion, l’azienda purtroppo è fallita in seguito), mi mancava il mondo bancario. Così appena si è aperta la possibilità di entrare a far parte del team italiano di N26, di cui ero già un cliente molto soddisfatto, come FTE n.2 non ci ho pensato due volte. È stata un’esperienza fantastica e in un anno siamo passati da 0 a 100k clienti nel mercato. Dopo circa un anno e mezzo sono entrato in Raisin.
Al momento da Raisin ricopro il duplice ruolo di Head of Banking Relationship Management e Country Manager Italy, quindi in primo luogo gestisco il team che si occupa dei progetti B2B direttamente con le 100 banche che fanno raccolta sulle nostre piattaforme europee, come l’espansione del loro business in nuovi mercati.
Il ruolo di Country Manager Italy si è aggiunto in parallelo successivamente, avendo seguito il progetto del nostro ingresso nel mercato italiano B2C grazie alla partnership con Banca Sella, e gli sviluppi futuri.
FT: Di cosa vi occupate in Raisin?
Raisin permette alle banche attive in Unione Europea di offrire i propri prodotti di deposito in un unico marketplace in diversi mercati (Germania, Austria, Olanda, Spagna, Irlanda, Francia, UK). Attraverso la piattaforma, i clienti possono confrontare i servizi e le soluzioni offerte e sottoscrivere i prodotti più adatti ai loro bisogni, dai conti vincolati ai conti liberi delle nostre banche partner, al momento più di 100 provenienti da 25 Paesi. Tra l’altro, l’Italia è il Paese più rappresentato con 14 banche presenti.
In questi 7 anni, abbiamo transato complessivamente 28 miliardi di euro.
FT: Cosa significa lavorare per uno dei principali unicorni fintech europei?
Non riveliamo la nostra valutazione, quindi non posso parlare specificatamente di unicorno. Cerchiamo davvero di rimanere concentrati sul valore che forniamo ai nostri clienti e ai nostri partner. Guardando al futuro, è molto emozionante e dinamico far parte di una giovane azienda di grande successo e partecipare così alla costruzione di partnership paneuropee con importanti player del nostro settore, aprendo nuovi orizzonti e scalando nello spazio innovativo della piattaforma e dell’open banking.
FT: Quali pensi che siano le prospettive future del fintech in Italia?
Mentre il settore bancario tradizionale in Italia ha una storia incredibilmente lunga, l’Italia sta abbracciando il digital banking da poco tempo relativamente, e di conseguenza le opportunità di open banking e fintech sono estremamente dinamiche, tra cui la nostra recente integrazione con Banca Sella. Facciamo parte di un ecosistema composto da tantissime realtà in diversi verticali, e anche alcune di quelle meno conosciute ad oggi lo faranno sicuramente parlare di loro nei prossimi anni.
L’Italia è stata a lungo un Paese di first mover e sarà lo stesso per il ruolo della grande espansione del fintech.
FT: Ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che ha appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation?
Questo dipende dagli obiettivi personali, ma avere esperienza da entrambe le parti – in una startup o in un’azienda più tradizionale – è enormemente utile per comprendere le diverse esigenze, risorse e culture delle aziende più grandi e più vecchie rispetto a quelle più nuove e più agili. Chi lascia gli studi può anche notare che l’una o l’altra cultura si adatta meglio alla propria personalità: le startup fintech hanno spesso gerarchie flat e processi più semplici, e lavorare in una di esse può significare aiutare a costruire l’azienda dalle fondamenta e pensare fuori dagli schemi. Allo stesso tempo, lavorare in una grande azienda può significare imparare come un’azienda già di successo fa le cose, acquisendo esperienza con processi e strutture di team molto più complessi.