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FT: Ci potresti raccontare il tuo percorso professionale e come sei arrivata al crowdfunding?
FP: Grazie a voi per la bella opportunità! Posso dire che professionalmente sono nata con il crowdfunding, nonostante il mio background accademico fosse molto più orientato alle relazioni internazionali e agli affari europei. Sono arrivata in Eurocrowd nel 2016 (all’epoca ancora ECN), un po’ per caso perché ero in cerca di opportunità di tirocinio su Bruxelles, e poi non sono più andata via. È uno strumento che mi ha permesso di combinare le conoscenze e la formazione in ambito di politiche più “tradizionali” (fondi e finanziamenti europei, finanza tradizionale, politica di coesione e sviluppo regionale) con un approccio innovativo in un settore considerato tra i più ostici per i non addetti: quello della finanza. In questo momento mi trovo ad essere co-direttore dell’unico network che rappresenta il settore del crowdfunding a livello europeo e devo dire che lo sviluppo che ho avuto modo di vedere nei passati cinque anni è stato davvero entusiasmante, ma sono certa che lo sarà ancora di più dal momento in cui entrerà effettivamente in vigore il regolamento europeo per i fornitori di servizi di crowdfunding.
FT: La normativa Europea cambierà il volto delle piattaforme di crowdfunding, puoi spiegarci come?
FP: Per come è strutturata, la normativa si propone l’ambizione di avviare un percorso di standardizzazione delle regole operative e delle norme a protezione degli investitori nel settore del crowdfunding in Europa. Appare chiaro che il testo che entrerà in vigore, integrato dagli standard tecnici di ESMA, sia solo un primo passo. La volontà di consolidare il mercato e renderlo ancora più interessante agli occhi di imprese e investitori è dimostrata chiaramente nel testo pubblicato dalla Commissione Europea, che già prevede una revisione di medio periodo della normativa dopo i due anni dall’entrata in vigore. Ci aspettiamo un consolidamento del mercato che, non lo nascondo, porterà tante opportunità ma anche tante sfide a chi gestisce un portale di crowdfunding. Da una parte, la creazione di un mercato unico significa che i portali già operativi in specifici territori nazionali si troveranno a dover fronteggiare l’arrivo di possibili competitor da ogni altro Stato Membro, oltre che alle piattaforme di nuova creazione. Dall’altra, assisteremo senza dubbio ad una contrazione del numero di operatori attivi in Europa, a beneficio di quei portali che riusciranno a consolidare sempre di più la loro presenza, dimostrando di avere un business model solido e resiliente, capace di trarre il massimo dalla nuova conformazione normativa e del mercato.
FT: Secondo te il crowdfunding in Italia è arrivato a una fase di maturità?
FP: Penso che sia uno strumento in crescita esponenziale e sostenuta, ce lo dimostrano gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, ed è un trend che, fortunatamente, non accenna a rallentare. Penso anche che ci sia grandissimo spazio per un’ulteriore espansione del mercato, sia in termini di volumi di raccolta per singola offerta, sia in termini di qualità delle offerte proposte tramite portali di crowdfunding. Se per maturità vogliamo intendere una fase in cui il mercato ha raggiunto il suo massimo punto di elevazione e si avvia verso una stabilizzazione dei volumi, penso allora di poter dire che siamo ancora ben lontani e che questa debba essere vista come una posizione assolutamente positiva da tutti quegli operatori che si muovono all’interno o gravitano attorno al settore. Basti considerare il fatto che l’opportunità dell’offerta di strumenti di debito da parte di portali di equity è ancora in fase di studio da parte di molti e magari andrà rivisitata prima di poter essere colta, ma è uno scenario del tutto embrionale e con enormi potenzialità. Si pensi anche all’assenza, secondo me solo temporanea, di un mercato secondario per l’equity crowdfunding e guardiamo invece ai risultati sorprendenti ottenuti da quei portali che sono riusciti ad attivare una bacheca “interna” per lo scambio di quote. Sono tutti elementi che puntano chiaramente nella direzione di un futuro sviluppo ancora più importante per il mercato italiano e all’interno del quadro europeo.
FT: Cosa lo distingue dagli altri paesi europei?
FP: È una domanda a cui è difficile dare una risposta precisa. Personalmente, penso che il tratto più distintivo del mercato del crowdfunding italiano sia la grande diversificazione dell’offerta ai risparmiatori. Tutti i modelli di crowdfunding, dall’equity al donation per cause personali, sono molto ben affermati e questa è sicuramente una caratteristica non comune in altri mercati europei. Le imprese, le associazioni, gli enti pubblici ma anche gli investitori italiani sanno di potersi rivolgere ad un’ampia platea di operatori in grado di garantire un livello di qualità mediamente elevato. Non è così comune come si potrebbe pensare negli altri paesi europei, dove iniziamo a vedere una settorializzazione sempre più marcata per modelli o per settori verticali di business.
FT: Crowdfunding e investitori istituzionali, due mondi che all’apparenza possono sembrare lontani, è veramente così?
FP: Sono mondi che condividono gli strumenti operativi da sempre, ma che si sono guardati con reciproca diffidenza per qualche tempo. Da qualche anno a questa parte, ad ogni modo, abbiamo visto crescere molto il numero e la qualità delle partnership che si sono instaurate tra portali di crowdfunding di ogni tipo e investitori istituzionali. Questa è un’ottima notizia per il mercato italiano e non solo per le parti coinvolte direttamente (portali di crowdfunding e investitori istituzionali), ma ovviamente anche per le imprese e gli investitori retail che si interfacciano con il crowdfunding. Gli accordi con investitori istituzionali portano solitamente a chances più alte di chiusura delle campagne di crowdfunding, non solo perché permettono di adempiere ai requisiti imposti da Consob (nel caso delle campagne di equity, per esempio), ma anche perché stimolano fiducia negli investitori retail e supportano un percorso di crescita delle imprese finanziate anche a livello di una strutturazione maggiore del proprio business plan. E questo è un trend che ci conferma anche l’ultimo rapporto pubblicato dal Centro per la Finanza Alternativa dell’Università di Cambridge, che vede l’Italia come il paese europeo con il più alto tasso di istituzionalizzazione nel settore del crowdfunding, con un 93-94% dei volumi totali di finanziamento per il 2019-2020 fornito da investitori istituzionali.
FT: Ti facciamo un’ultima domanda con la speranza che possa essere di aiuto alla community di FT, ti sentiresti di consigliare un’esperienza nel mondo fintech a un giovane che appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza nel mondo della finanza classica?
FP: Per mia esperienza personale, non posso che consigliare di avvicinarsi professionalmente al mondo fintech quanto prima. Ovviamente avere un background in finanza tradizionale aiuta ad entrare più velocemente nelle logiche del settore, ma il mio caso dimostra che si può fare anche un percorso diverso. Sono entrambi mondi molto vicini, per quanto possano sembrare distanti, e il fintech ha un grande bisogno di giovani che vogliano contribuire alla crescita del settore con professionalità e trasparenza. In Eurocrowd abbiamo attivato dei corsi professionalizzanti proprio a questo scopo, e stiamo lavorando all’attivazione di partnership di tirocinio formativo presso i nostri associati che hanno espresso un interesse in questo senso.

FT: Empecemos con vuestras experiencias laborales, contadnos, dónde empezastéis y ¿a qué os dedicáis hoy en F10?
Isabella Sevilla: Soy parte del equipo F10 en España en el papel de “Ecosystem Lead”. Esto significa que soy responsable de conectar a las diferentes personas y empresas que son importantes para impulsar la innovación en la industria bancaria y de seguros. Esto incluye la relación con los mejores expertos que están asesorando a nuestras startups. Pero también la conexión con los reguladores relevantes, la academia y los medios de comunicación.
Mari-Carmen Marx: Soy parte del equipo directivo que lidera la expansión de F10, una incubadora y acelerador originario de Suiza, a España. Aterrizamos en España a principios de septiembre y hemos estado ocupados preparando todo desde entonces.
FT: ¿Por qué F10 decidió apostar por España para establecer su programa de incubación y aceleración?
En España hemos visto un gran potencial en el sector de los bancos y las aseguradoras ya que el ecosistema innovativo en estos sectores es actualmente subdesarrollado a nivel mundial junto con un reciente crecimiento en la inversión de startups tecnológicas. Con el apoyo de SIX y BME, estamos seguros de que podemos aprovechar mucho de este potencial para impulsar el ecosistema de innovación español.
Con nuestras otras oficinas en Suiza y Singapur, el mercado español también nos da acceso al mercado de la UE por un lado, así como una puerta al mercado latinoamericano por el otro. Esto es importante para nosotros ya que estamos buscando construir una red de innovación realmente global.
FT: ¿Qué hace a F10 único y cómo podríamos conocer más sobre el ecosistema?
Con F10 estamos creando un ecosistema centrado en la creación de innovación para el sector bancario y de seguros, y nos enfocamos en las verticales FinTech, InsurTech, RegTech y DeepTech, aportando una red internacional. No es solo la experiencia en los programas, sino la capacidad de intercambiar experiencias y de aprovechar la visibilidad que le da a las empresas, las startups y hasta a los inversores.
También fuimos capaces de construir un excelente historial en los últimos 5 años con más de 120 startups exitosas que recaudaron más de 100 millones de dólares en capital inicial. También estamos contentos de que empresas destacadas formen parte del F10, como Generali, SIX, Julius Baer y muchas más… y pronto podremos anunciar oficialmente a destacadas empresas españolas que se unan al F10.
Por lo tanto, si eres una empresa, una startup o inversor interesado en formar parte de nuestro ecosistema de innovación, por favor, ponte en contacto y visita nuestra página web. Ahora mismo estamos buscando las mejores startups en el espacio de FinTech, RegTech, InsurTech y DeepTech, para que formen parte del primer programa de incubación que empieza en Marzo del 2021 en Barcelona. Si estás interesado en postularte, ¡las solicitudes están abiertas!
FT: ¿Cuál creéis que es el desafío más grande en los próximos años para el ecosistema fintech español?
España tiene una excelente reserva de talento y es un lugar atractivo para la innovación en fintech – siendo parte de la Unión Europea y actuando como enlace con América Latina, una de las áreas emergentes más dinámicas de fintech. Por lo tanto, estamos comprometidos a reunir a los principales actores – las grandes empresas, las mejores startups y los inversores. Iniciativas como España Digital 2025 y el reciente lanzamiento del ‘sandbox’ regulatorio apoyarán aún más el desarrollo.
Sin embargo, a nivel mundial, todavía tendremos que recuperar terreno para estar en la misma liga que los EE.UU., el Reino Unido o Israel. Esto requiere emprendedores resistentes y comprometidos que quieran crear el futuro de la banca y los seguros. Y nuestro lanzamiento en España es un fuerte compromiso para hacer que esto suceda.
FT: Os hacemos una última pregunta para que pueda ser de ayuda a la comunidad de FT, qué pensáis que podría ser mejor para un joven, ¿empezar en el mundo laboral con una start-up con fuerte capacidad de innovación o una big corporation?
Una vez escuché a un ponente en una conferencia que se refería a los bancos como “grandes FinTechs” – esto resonó conmigo porque creo que el mercado está cambiando de una manera donde tanto los titulares como las startups tienen que luchar por su posición en el mercado.
Por lo tanto, creo que independientemente de cuál uno elige (y ambos pueden enseñar mucho), será cada vez más importante traer una mentalidad emprendedor a su trabajo.

FT: Empecemos con tu experiencia laboral, cuéntanos, dónde empezaste y ¿a qué te dedicas hoy en Bnext?
Empecé en Bnext como el, ¿7º? miembro del equipo, cuando apenas habíamos levantado nuestro primer Crowdfunding de 340.000€. Mi rol desde ese momento no ha cambiado, Chief Growth Officer aunque es cierto que mis responsabilidades han evolucionado… mucho 🙂
FT: El haber empezado tu carrera como consultor ha sido útil para tu experiencia como emprendedor en el mundo fintech?
Totalmente. La consultoría, con sus más y sus menos, te enseña una ética laboral que es muy buena para el emprendimiento. Básicamente, te enseña la importancia de hacer un trabajo de calidad en tiempos muy cortos, aprendiendo a priorizar y entender que es lo que quiere el cliente. Y además, te da una resiliencia que como emprendedor se pondrá a prueba… muchas veces.
FT: En los últimos años hemos visto crecer Bnext de forma exponencial, hemos participado en la última campaña de crowdfunding como inversores, ¿hay alguna novedad que nos puedas contar?
El COVID ha sido un duro golpe para los Españoles, y también para nosotros. Afortunadamente, el golpe nos pilló con dinero en el banco y con un equipo super comprometido que está dándolo todo.
Ahora mismo nos encontramos en medio de una migración de VISA a Mastercard que va a suponer un cambio brutal para nuestros clientes.
FT: ¿Cuál crees que es el desafío más grande en los próximos años para el ecosistema fintech español?
Encontrar modelos de negocio viables que permitan ser sostenibles en un mundo donde la financiación va a ser cada vez más escasa.
FT: Te hacemos una última pregunta para que pueda ser de ayuda a la comunidad de FT, qué piensas que podría ser mejor para un joven, ¿empezar en el mundo laboral con una start-up con fuerte capacidad de innovación o una big corporation?
Ninguna es mejor o peor. Creo que lo importante es lo que saques del trabajo. Lo más importante es que, estés donde estés, no dejes de formarte nunca y que siempre intentes salir de tu zona de comfort.


FT: Da pioniere in questo settore, come è nata la tua passione per il fintech?
La mia passione per il settore è nata un po’ per caso e un po’ per vocazione. Fin dall’università sono stato appassionato di startup e durante la mia prima esperienza lavorativa nel 2014 ho partecipato all’espansione in Italia di una piattaforma internazionale di equity crowdfunding. Questo mi ha dato la possibilità di avere una visione più ampia di come stava evolvendo il mercato all’estero e delle opportunità che si sarebbero presentate di lì a breve anche in Italia.
In quegli anni il termine “fintech” era ancora poco utilizzato. Apparteneva soltanto agli addetti ai lavori. Ho avuto la fortuna di trovarmi coinvolto in un nuovo movimento, prima europeo e poi italiano, che puntava a rivoluzionare i servizi finanziari tradizionali. Sono convinto che saranno ancora molte le novità che ci stupiranno nei prossimi anni.
FT: Pensi che l’ecosistema fintech negli ultimi anni sia cresciuto abbastanza in Italia rispetto al resto d’Europa?
Credo che sia cresciuto molto e alcuni segmenti anche più delle aspettative. Basta pensare al successo delle startup nell’ambito dei finanziamenti alle imprese. Tuttavia l’ecosistema nazionale nel suo insieme è ancora distante da altri paesi come Regno Unito o anche in Francia e Germania.
In ogni caso il mercato italiano ha visto una fortissima crescita e l’ingresso in Italia di player internazionali è un elemento positivo perché dimostra la capacità del mercato di accogliere nuove iniziative fintech e, di conseguenza, sono sicuro che questo stimolerà nuove iniziative imprenditoriali italiane.
FT: Raccontaci di FINOM, dei servizi che offrite e a chi vi rivolgete
FINOM è una start-up a vocazione europea, che eroga servizi finanziari online per adesso in Germania e Italia, con quartier generale ad Amsterdam (Olanda). La nostra struttura geografica conferma la volontà di considerare il mercato europeo nel suo insieme, senza concentrarsi nei singoli paesi. È stata fondata nel 2019 e da allora la sua missione è quella di semplificare la vita di imprenditori e professionisti, che sono la spina dorsale dell’economia europea. Offriamo un servizio finanziario B2B e al 100% digitale, che aggrega in un’unica piattaforma la fatturazione elettronica, un conto business e funzionalità a valore aggiunto come la riconciliazione bancaria. Vogliamo diventare dei veri e propri “assistenti personali” per chi fa business, muovendoci verso un servizio completo di business finance management. Una direzione che attrae molti investitori. Nel 2020 abbiamo raccolto 16.8 milioni di euro di investimenti, con partecipazioni importanti come quella di Target Global, un fondo d’investimento internazionale con base a Berlino, che gestisce un portafoglio di asset da oltre 800 milioni di euro
FT: FINOM è una fintech altamente concentrata nella semplificazione dei processi amministrativi aziendali, come si sta sviluppando l’azienda in Italia rispetto alle altre nazioni in cui siete presenti?
L’azienda all’estero offre un conto business per freelance e imprenditori con IBAN locale. In Italia siamo partiti invece offrendo un servizio essenziale ed estremamente semplice di fatturazione elettronica, ma fin da subito abbiamo avuto l’intenzione di supportare i nostri clienti con funzionalità integrate che potessero semplificare la gestione delle sue finanze a 360 gradi. Il nostro servizio vuole essere un vero assistente digitale per l’imprenditore o il professionista che troppo spesso ha difficoltà nel gestire la propria attività amministrativa e a reperire in modo semplice e immediato lo stato di salute della sua attività. Abbiamo quindi già introdotto feature come il tracking delle fatture e i reminder automatici di pagamento ai clienti per sollecitare il saldo; il calcolo di crediti esigibili e debiti da pagare a 7, 14, 30, 60 e 90 giorni dall’emissione o ricezione della fattura; riconciliazione di fatture e transazioni bancarie e l’accesso al commercialista. Nei prossimi mesi saremo invece in grado di offrire anche un conto business associato a carte di pagamento, come già avviene all’estero, in linea con il nostro obiettivo di semplificare al massimo la gestione amministrativo-finanziaria delle attività dei nostri clienti.
FT: Quali credi siano stati gli effetti del covid che hanno maggiormente impattato il settore?
Credo che l’elemento chiave dell’esperienza vissuta negli ultimi mesi sia la dimostrazione dell’efficacia di strumenti di comunicazione a distanza per la stipula di servizi finanziari. I clienti hanno compreso l’effettiva convenienza di acquistare o attivare servizi bancari senza recarsi fisicamente allo sportello. Hanno inoltre acquisito fiducia in queste nuove modalità di attivazione dei servizi, rendendoli una nuova abitudine.
Allo stesso tempo gli operatori sono stati costretti ad adeguarsi a modalità innovative. In molti hanno avuto l’occasione di allinearsi al mercato e di raggiungere un livello di innovazione, che prima apparteneva soltanto alle startup del settore.
Credo che, nel breve termine, ci sarà una fortissima crescita dei processi di digital transformation all’interno dei settori tradizionali. Il gap di servizio fra le incumbent e i nuovi entranti si ridurrà sempre di più.
FT: Ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che ha appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation?
Più che l’azienda, quel che mi sentirei di suggerire è lavorare all’interno di un progetto nuovo e sfidante, e in linea con le proprie ambizioni. Nel mercato ci sono aziende di pochi mesi che sono gestite con processi iper strutturati e realtà con più di 100 anni che hanno invece ancora la stessa agilità e ambizione di una startup. Per questo motivo suggerirei di concentrarsi più sul lavoro che si andrà davvero a fare, sulle persone con le quali si andrà a collaborare, a quanto si può imparare e sull’impatto che questo progetto può avere sulla propria crescita personale.
Che il tuo lavoro sia in una startup o in una corporation, per poter avere successo hai bisogno di coraggio, curiosità e resilienza. Se trovi il progetto giusto e convincente, allora sarà quella la scelta migliore.
IL CONTO BUSINESS 100% SI CHIAMA QONTO

Abbiamo già recensito prodotti business a servizio delle PMI italiane, ma con questa nuova recensione della francese Qonto ci dedichiamo completamente al segmento corporate, perché mai come nelle aziende è necessario avere a disposizione soluzioni agili e veloci per far crescere il proprio business.
Chi è passato almeno una volta dalla trafila di aprire un conto aziendale, sa quanto tempo si perde in scartoffie e quanto sia difficile delegare gli accessi se non attraverso richieste e autenticazioni infinite.
Oltretutto è praticamente impossibile trovare una banca tradizionale che abbia reso 100% i propri processi, per qualsiasi cosa occorre recarsi in filiale e firmare documenti su documenti.
Registrarsi a Qonto e utilizzare i vari servizi per gestire bonifici, addebiti diretti, trasferte e note spese è un gioco da ragazzi. In più, una caratteristica fondamentale per migliorare la gestione contabile, è possibile integrare il sistema con il proprio commercialista. Accessibile sia da desktop che da pc.
Fattore di fondamentale importanza, anche se come detto all’inizio la startup Qonto è francese, il conto corrente che si attiva per una società italiana ha l’IBAN italiano.
Nonostante abbia un conto di gestione può essere attivato gratuitamente in prova per i primi 30 giorni dalla registrazione, senza alcun impegno.
“Utilizziamo il design e la tecnologia per offrire a imprenditori e professionisti l’esperienza bancaria che meritano”
Alexandre Prot and Steve Anavi – Co-Founders @Qonto
Il design al centro della rivoluzione business
Qonto è un servizio che nasce dalla semplificazione di processi corporate desueti e troppo complessi per le imprese di nuova generazione e non solo. Rappresenta un alleato fondamentale per la gestione finanziaria aziendale, grazie alla straordinaria semplicità data dalla miglior esperienza utente.
Qonto è a tutti gli effetti una neobanca con oltre 100.000 clienti imprese, opera quindi come fintech nel B2B, sparsi tra Francia, Italia, Spagna e Germania. In Italia è attiva dal Maggio 2019, con un processo di internazionalizzazione che parte proprio dal nostro paese, con un team locale focalizzato sull’adattamento della strategia.
A proposito di team, uno dei punti di forza di Qonto rispetto all’home banking tradizionale è proprio la gestione degli account con accessi multiutente, che permettono di gestire al meglio i permessi di ogni collaboratore, oltre a poter richiedere carte personalizzate.
Le tipologie di conti Qonto
Con un servizio clienti operativi ed efficiente è possibile aprire il proprio conto in meno di 15 minuti, scegliendo tra le differenti tipologie disponibili in base alla dimensione del business.
Opzione Solo
Il conto perfetto per il liberi professionisti con accesso ad un solo utente, ha un costo mensile di 9€, include una carta One base e 20 bonifici e addebiti diretti SEPA al mese.
Opzione Standard
L’alternativa perfetta per una PMI che ha necessità di utilizzare il conto multiutente fino a 5 componenti del team con 2 carte debito One già incluse nel canone mensile di 29€. I bonifici e addebiti diretti SEPA inclusi al mese salgono a 100.
Opzione Premium
Ha un canone di 99€ al mese e si adatta a realtà più strutturate con un numero illimitato di utenti che possono essere attivati sull’account aziendale. Vengono incluse nell’offerta anche 5 carte di debito One fisiche ed illimitate carte di debito One virtuali. I bonifici e addebiti diretti SEPA al mese sono 500.
Le tipologie di carte Qonto
Ogni conto corrente che si rispetti ha ovviamente degli strumenti elettronici di pagamento associati come le carte di debito.
Nel caso di Qonto, come già in parte espresso nel delineare le varie tariffe, ci sono 3 carte disponibili con caratteristiche differenti.

Carta One
La Carta One è la carta base di Qonto, non ha un costo aggiuntivo in quanto è inclusa nel canone di gestione del conto, a meno che vengano richieste carte supplementari oltre a quelle incluse nel pacchetto che hanno un costo di 5€.
I pagamenti con carta in euro sono completamente gratuiti con il limite di 20.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi e di 1.000€ per i prelievi in contanti che hanno un costo fisso di 1€ per prelievo.
Carta Plus
Per la Carta Plus è previsto un canone aggiuntivo di 6€ mensili che prevede il miglioramento di alcune condizioni rispetto alla carta base One.
Per esempio le commissioni sui pagamenti extra ue sono dimezzati all’1% rispetto al 2% della versione base, il limite di pagamento con carta è raddoppiato a 40.000€ come i prelievi in contante che passano a 2.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi.
Sono inclusi anche 5 prelievi in contanti per un periodo di 30 giorni consecutivi, ogni prelievo successivo ha il costo fisso di 1€.
Carta X (metal)
La versione premium tra le 3 proposte, si allinea al trend del materiale metallico ha un costo mensile di 20€ per carta che si somma al costo del piano mensile.
Praticamente tutti i servizi di pagamento extra ue, prelievi, commissioni sono tutti inclusi nel canone.
Sono previsti limiti sulle spese per 60.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi e 3.000€ per i prelievi in contanti.
Il tipo di assicurazione sulla carta è premium e si aggiungono rispetto alle precedenti versioni, l’accesso alle sale VIP degli aeroporti e un servizio di concierge con un assistente personale disponibile 7 giorni su 7.
Per ottenere maggiori informazioni e visualizzare tutte le caratteristiche distintive di ogni carta e conto visita le pagine “Tariffe” e “Carte” del sito di Qonto.
Disclaimer: come sempre nelle nostre recensioni selezioniamo solo fintech e prodotti che conosciamo e utilizziamo in prima persona. Non siamo consulenti finanziari, valutiamo le fintech per i loro servizi ed esprimiamo un parere del tutto personale.




