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Federico Roesler Franz, Commercial Country Head Italy di Solarisbank

Intervista con Federico Roesler Franz, Commercial Country Head Italy di Solarisbank (english version below).

Ciao Federico, innanzi tutto grazie per essere su Fintech Titans a parlare di fintech e nello specifico di Solarisbank. Raccontaci di voi, qual è il vostro core business e quali servizi offrite?

Solarisbank è la principale piattaforma europea di Banking-as-a-Service. Forte di una licenza bancaria tedesca completa, concessa dall’Autorità Federale Tedesca di Supervisione Finanziaria (BaFin), la società permette a tutte le aziende di offrire servizi finanziari senza la necessità di una licenza propria, evitando così i consistenti oneri finanziari e burocratici connessi. La sua piattaforma tecnologica dispone di una vasta gamma di prodotti modulari, tra cui conti bancari digitali, soluzioni di identificazione e di prestito, nonché servizi di asset digitali. In Italia, il BaaS (Banking-as-a-Service) è un concetto ancora abbastanza nuovo per il grande pubblico, per questo è importante spiegare cosa sia esattamente, così che tutti possano apprezzare e cogliere le opportunità che questa tecnologia dirompente e democratica apre nel nostro Paese. Il BaaS permette a qualsiasi azienda di offrire servizi finanziari direttamente ai loro clienti implementandoli in modo rapido e conforme alle normative, tramite API facili da integrare nei pacchetti di servizi a valore aggiunto. Aziende operanti in ogni settore che si rivolgono ad una piattaforma BaaS come Solarisbank possono integrare, nella loro offerta, servizi finanziari. Questa tendenza è anche conosciuta come Embedded Finance – o Finanza Integrata – e sempre più neobanche e non-banche stanno entrando nel mercato dei servizi finanziari, che possono integrare direttamente e offrire ai clienti sotto il proprio marchio. Il nostro obiettivo è quello di affermarci come la prima piattaforma di BaaS in Europa attraverso il quale il mercato europeo della finanza integrata prospererà.

Come si è espansa Solarisbank a livello internazionale?

Solarisbank è stata fondata in Germania nel 2016 e abbiamo vissuto una crescita enorme negli ultimi anni. I ricavi sono sostanzialmente raddoppiati di anno in anno e gli investitori di alto profilo hanno confermato il loro supporto participando ad ogni round di finanziamento e confermando la bontà del business che Solarisbank propone. Infatti, anche il nostro ultimo Series D round è stato oversubscribed, portandoci a una valutazione totale di 1,4 miliardi euro e consolidando la nostra posizione come leader del mercato. Il capitolo attuale di sviluppo riguarda proprio l’espansione e consolidamento internazionale: abbiamo appena inaugurato filiali in Francia, Spagna e Italia, sebbene fossimo già attivi su questi mercati attraverso il passporting. Ora, proprio attraverso la creazione di entità dedicate e l’offerta di IBAN locali in questi tre nuovi mercati, ci ancoriamo saldamente ai rispettivi ecosistemi finanziari nazionali, che ci consentono di offrire ai nostri partner servizi su misura per le esigenze del mercato locale e avvicinandoci ulteriormente ai nostri clienti finali.

Quali saranno le tendenze sul futuro del banking secondo te?

Vediamo sicuramente una tendenza verso il vertical banking, o banca di nicchia, con sempre più neo-banche che vanno in questa direzione rivolgendosi a gruppi target molto specifici (dal sustainable banking, alle banche “di genere” o alle soluzioni per le PMI e per i liberi professionisti). La tendenza della finanza integrata sta cambiando fondamentalmente il modo in cui interagiamo con i servizi finanziari ed è destinata a rivoluzionare in positivo l’industria dei servizi finanziari. Se consideriamo le cifre e i dati, la tendenza è più che chiara: secondo una ricerca che abbiamo condotto in collaborazione con l’istituto di ricerca Handelsblatt nell’aprile di quest’anno, il potenziale della finanza integrata e quindi del Banking-as-a-Service è immenso. Solo in Europa, quasi 500 milioni di conti bancari sono in palio nei prossimi anni. Lightyear Capital stima che il mercato globale della Embedded Finance crescerà esponenzialmente passando dai circa 22,5 miliardi di euro attuali a quasi 230 miliardi di euro entro il 2025.

Gli Stati Uniti con le loro Big Tech americane e la Cina sono considerati pionieri di questo sviluppo. Dove si trova l’Europa in confronto?

Gli Stati Uniti e la Cina sono pionieri, mentre l’Europa si sta già facendo strada – avendo già molte iniziative nei grandi mercati (con attori come Samsung, Orange, Lidl). C’è sicuramente uno sviluppo interessante, ma c’è ancora enorme spazio per crescere, il che rappresenta un’opportunità molto interessante per le aziende. C’è un chiaro incentivo per i regolatori europei a promuovere la finanza integrata, promovendo parità di condizioni per i servizi finanziari in Europa. Se non solo le banche, ma qualsiasi azienda può offrire servizi finanziari conformi, allora il risultato è una concorrenza molto più grande e, di conseguenza, più varietà e servizi di migliore qualità per i consumatori. D’altra parte, la finanza integrata sarà uno strumento essenziale per difendere e rafforzare le aziende tecnologiche europee contro la concorrenza internazionale. Se l’Europa vuole posizionarsi come un territorio fertile per il tech, ha bisogno di plasmare un paesaggio normativo favorevole per far prosperare la finanza integrata. Con la strategia del mercato unico digitale, la Commissione europea sta andando nella giusta direzione. Inoltre, con la direttiva sui servizi di pagamento 2 (PSD2), entrata in vigore nel 2019, è stato fatto un passo in avanti concreto per creare un mercato europeo dei pagamenti meglio integrato. Tuttavia, sarebbe auspicabile un’ulteriore armonizzazione dei mercati finanziari europei, tra cui, ad esempio, un allineamento dei requisiti KYC in tutti gli stati membri.

Quali sono i vostri obiettivi per il mercato italiano e quali sono le prospettive per il 2022?

L’Italia è uno dei mercati chiave per Solarisbank; ci presentiamo sul mercato con l’obiettivo di guidare la crescita del Banking-as-a-Service nel Paese e di aiutare le aziende italiane ad offrire le migliori soluzioni finanziarie ai loro clienti e, in definitiva, a sostenere e accelerare la delicata fase di ripresa post-pandemia. Grazie a diversi strumenti fra cui gli IBAN locali, Solarisbank non solo sta permettendo ai nostri partner di localizzare la loro offerta e di adattarla alle esigenze dei rispettivi clienti finali, ma anche di superare gli ostacoli dettati dalla discriminazione dell’IBAN. Il mercato italiano offre un enorme potenziale di crescita – specialmente nel settore bancario delle PMI, che in Italia rappresenta la stragrande maggioranza delle aziende attive. Le PMI hanno l’opportunità di crescere e riprendersi più velocemente grazie ad innovative soluzioni di aziende ad alto indice tecnologico che integrano prodotti BaaS, ed inoltre di accelerare la loro internazionalizzazione; l’obiettivo è coinvolgere un numero sempre maggiore di aziende per affiancarle nello sviluppo di nuove soluzioni e accompagnarle in un percorso di crescita e successo comune.

English Version ⬇️

Hi Federico, first of all thanks for being on Fintech Titans to talk about fintech and Solarisbank; could you explain the core business of Solarisbank? What services it offers?

Solarisbank is Europe’s leading Banking-as-a-Service platform. It is important to explain what exactly is Banking-as-a-Service (BaaS) to understand the opportunities that this disruptive technology opens up. BaaS empowers any company to offer financial services compliantly and rapidly via easy-to-integrate APIs. Companies who leverage BaaS platforms can seamlessly integrate financial services such as digital banking accounts and payment cards as well as identification, lending and digital assets services into their own product offering. This trend is also known as Embedded Finance and more and more neobanks and non-banks are entering the financial service market to take on traditional banks. Based on our research we believe that almost 500 million accounts in Europe are up for grabs within the next 5 to 10 years. Our goal is to provide the core European bank on which the European embedded finance market thrives.

How has Solarisbank expanded internationally?

Solarisbank was founded in Germany 2016 and we have experienced a huge growth over the last years. The revenues have doubled year by year and top-tier investors joint our cap table. In fact, our Series D round was oversubscribed with a total valuation of 1.4 billion, cementing our position as the market leader. We have just opened branches in France, Spain and Italy in July. While we have already been serving these markets by means of “passporting” individual services under our German banking license, we are now taking it one step further. Through setting up dedicated entities and offering local IBANs in these three new markets, we firmly anchor ourselves in their respective domestic financial ecosystems, allowing us to offer our partners services that are tailored to the local market requirements while also generating high engagement with end customers.

What will be the trends of the future of banking according to you?

We definitely see a trend towards vertical banking, or niche banking, with more and more neo-banks going into this direction targeting very specific target groups (from sustainable banking, to banks specifically for women or solutions for SMEs or for freelancers). The trend of embedded finance is fundamentally changing how we interact with financial services and is destined to disrupt the financial services industry. If we consider figures and data the trend is more than clear: According to research we conducted in cooperation with the Handelsblatt Research Institute in April this year, the potential for embedded finance and thus Banking-as-a-Service is immense. In Europe alone, nearly 500 million bank accounts are up for grabs in the next few years. Lightyear Capital estimates that the global market for embedded finance will grow from around EUR 22.5 billion at present to around EUR 230 billion by 2025.

The U.S. with their American Big Techs as well as China are considered pioneers of this development. Where does Europe stand in comparison?

U.S and China are pioneers, while Europe is already making its way – having already lots of initiatives in big markets (with players like Samsung, Orange, Lidl). There is definitely a development but there is still room to grow, which presents a very interesting opportunity for companies. There is a clear incentive for European regulators to foster embedded finance. On the one hand, it levels the playing field for financial services in Europe. If not just banks, but any company can offer compliant financial services, then the result is far greater competition and, consequently, more variety and better-quality services for consumers. On the other hand, embedded finance will be an essential tool for strengthening European tech companies against competition. If Europe wishes to position itself as a stronghold for tech, it needs to shape a favorable regulatory landscape for embedded finance to thrive. With the Digital Single Market strategy, the European Commission is steering in the right direction. Furthermore, with the Payment Services Directive 2 (PSD2), which entered into effect in 2019, a concrete step was taken to create a better integrated European payments market. Nonetheless, further harmonization across the European financial markets would be welcome, including, e.g., an alignment of KYC requirements across all member states.

What are your goals for the Italian market and what are the prospects for 2022?

Italy is one of the key markets for Solarisbank; we present ourselves on the market with the aim of driving the growth of Banking-as-a-Service in the country and to help Italian companies to offer the best financial solutions to their customers and, ultimately, to support and accelerate the delicate post-pandemic recovery phase. Thanks to the local IBANs, is not only enabling our partners to further localize their offering and tailor it to the needs of their respective end-customers, but also tackling the hurdles of IBAN discrimination. The Italian market offers enormous growth potential – especially in SME banking, which in Italy means the vast majority of the active companies. SMEs have the opportunity to grow and recover faster thanks to BaaS solutions and furthermore accelerate their internationalization.
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Blog Innovations Technology

Francesca Passeri, Deputy Director at European Crowdfunding Network

FT: Ci potresti raccontare il tuo percorso professionale e come sei arrivata al crowdfunding?

FP: Grazie a voi per la bella opportunità! Posso dire che professionalmente sono nata con il crowdfunding, nonostante il mio background accademico fosse molto più orientato alle relazioni internazionali e agli affari europei. Sono arrivata in Eurocrowd nel 2016 (all’epoca ancora ECN), un po’ per caso perché ero in cerca di opportunità di tirocinio su Bruxelles, e poi non sono più andata via. È uno strumento che mi ha permesso di combinare le conoscenze e la formazione in ambito di politiche più “tradizionali” (fondi e finanziamenti europei, finanza tradizionale, politica di coesione e sviluppo regionale) con un approccio innovativo in un settore considerato tra i più ostici per i non addetti: quello della finanza. In questo momento mi trovo ad essere co-direttore dell’unico network che rappresenta il settore del crowdfunding a livello europeo e devo dire che lo sviluppo che ho avuto modo di vedere nei passati cinque anni è stato davvero entusiasmante, ma sono certa che lo sarà ancora di più dal momento in cui entrerà effettivamente in vigore il regolamento europeo per i fornitori di servizi di crowdfunding. 

FT: La normativa Europea cambierà il volto delle piattaforme di crowdfunding, puoi spiegarci come? 

FP: Per come è strutturata, la normativa si propone l’ambizione di avviare un percorso di standardizzazione delle regole operative e delle norme a protezione degli investitori nel settore del crowdfunding in Europa. Appare chiaro che il testo che entrerà in vigore, integrato dagli standard tecnici di ESMA, sia solo un primo passo. La volontà di consolidare il mercato e renderlo ancora più interessante agli occhi di imprese e investitori è dimostrata chiaramente nel testo pubblicato dalla Commissione Europea, che già prevede una revisione di medio periodo della normativa dopo i due anni dall’entrata in vigore. Ci aspettiamo un consolidamento del mercato che, non lo nascondo, porterà tante opportunità ma anche tante sfide a chi gestisce un portale di crowdfunding. Da una parte, la creazione di un mercato unico significa che i portali già operativi in specifici territori nazionali si troveranno a dover fronteggiare l’arrivo di possibili competitor da ogni altro Stato Membro, oltre che alle piattaforme di nuova creazione. Dall’altra, assisteremo senza dubbio ad una contrazione del numero di operatori attivi in Europa, a beneficio di quei portali che riusciranno a consolidare sempre di più la loro presenza, dimostrando di avere un business model solido e resiliente, capace di trarre il massimo dalla nuova conformazione normativa e del mercato. 

FT: Secondo te il crowdfunding in Italia è arrivato a una fase di maturità?

FP: Penso che sia uno strumento in crescita esponenziale e sostenuta, ce lo dimostrano gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio del Politecnico di Milano, ed è un trend che, fortunatamente, non accenna a rallentare. Penso anche che ci sia grandissimo spazio per un’ulteriore espansione del mercato, sia in termini di volumi di raccolta per singola offerta, sia in termini di qualità delle offerte proposte tramite portali di crowdfunding. Se per maturità vogliamo intendere una fase in cui il mercato ha raggiunto il suo massimo punto di elevazione e si avvia verso una stabilizzazione dei volumi, penso allora di poter dire che siamo ancora ben lontani e che questa debba essere vista come una posizione assolutamente positiva da tutti quegli operatori che si muovono all’interno o gravitano attorno al settore. Basti considerare il fatto che l’opportunità dell’offerta di strumenti di debito da parte di portali di equity è ancora in fase di studio da parte di molti e magari andrà rivisitata prima di poter essere colta, ma è uno scenario del tutto embrionale e con enormi potenzialità. Si pensi anche all’assenza, secondo me solo temporanea, di un mercato secondario per l’equity crowdfunding e guardiamo invece ai risultati sorprendenti ottenuti da quei portali che sono riusciti ad attivare una bacheca “interna” per lo scambio di quote. Sono tutti elementi che puntano chiaramente nella direzione di un futuro sviluppo ancora più importante per il mercato italiano e all’interno del quadro europeo. 

FT: Cosa lo distingue dagli altri paesi europei?

FP: È una domanda a cui è difficile dare una risposta precisa. Personalmente, penso che il tratto più distintivo del mercato del crowdfunding italiano sia la grande diversificazione dell’offerta ai risparmiatori. Tutti i modelli di crowdfunding, dall’equity al donation per cause personali, sono molto ben affermati e questa è sicuramente una caratteristica non comune in altri mercati europei. Le imprese, le associazioni, gli enti pubblici ma anche gli investitori italiani sanno di potersi rivolgere ad un’ampia platea di operatori in grado di garantire un livello di qualità mediamente elevato. Non è così comune come si potrebbe pensare negli altri paesi europei, dove iniziamo a vedere una settorializzazione sempre più marcata per modelli o per settori verticali di business. 

FT: Crowdfunding e investitori istituzionali, due mondi che all’apparenza possono sembrare lontani, è veramente così? 

FP: Sono mondi che condividono gli strumenti operativi da sempre, ma che si sono guardati con reciproca diffidenza per qualche tempo. Da qualche anno a questa parte, ad ogni modo, abbiamo visto crescere molto il numero e la qualità delle partnership che si sono instaurate tra portali di crowdfunding di ogni tipo e investitori istituzionali. Questa è un’ottima notizia per il mercato italiano e non solo per le parti coinvolte direttamente (portali di crowdfunding e investitori istituzionali), ma ovviamente anche per le imprese e gli investitori retail che si interfacciano con il crowdfunding. Gli accordi con investitori istituzionali portano solitamente a chances più alte di chiusura delle campagne di crowdfunding, non solo perché permettono di adempiere ai requisiti imposti da Consob (nel caso delle campagne di equity, per esempio), ma anche perché stimolano fiducia negli investitori retail e supportano un percorso di crescita delle imprese finanziate anche a livello di una strutturazione maggiore del proprio business plan. E questo è un trend che ci conferma anche l’ultimo rapporto pubblicato dal Centro per la Finanza Alternativa dell’Università di Cambridge, che vede l’Italia come il paese europeo con il più alto tasso di istituzionalizzazione nel settore del crowdfunding, con un 93-94% dei volumi totali di finanziamento per il 2019-2020 fornito da investitori istituzionali. 

FT: Ti facciamo un’ultima domanda con la speranza che possa essere di aiuto alla community di FT, ti sentiresti di consigliare un’esperienza nel mondo fintech a un giovane che appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza nel mondo della finanza classica?

FP: Per mia esperienza personale, non posso che consigliare di avvicinarsi professionalmente al mondo fintech quanto prima. Ovviamente avere un background in finanza tradizionale aiuta ad entrare più velocemente nelle logiche del settore, ma il mio caso dimostra che si può fare anche un percorso diverso. Sono entrambi mondi molto vicini, per quanto possano sembrare distanti, e il fintech ha un grande bisogno di giovani che vogliano contribuire alla crescita del settore con professionalità e trasparenza. In Eurocrowd abbiamo attivato dei corsi professionalizzanti proprio a questo scopo, e stiamo lavorando all’attivazione di partnership di tirocinio formativo presso i nostri associati che hanno espresso un interesse in questo senso.

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ISABELLA SEVILLA Y MARI-CARMEN MARX DE F10

FT: Empecemos con vuestras experiencias laborales, contadnos, dónde empezastéis y ¿a qué os dedicáis hoy en F10?

Isabella Sevilla: Soy parte del equipo F10 en España en el papel de “Ecosystem Lead”. Esto significa que soy responsable de conectar a las diferentes personas y empresas que son importantes para impulsar la innovación en la industria bancaria y de seguros. Esto incluye la relación con los mejores expertos que están asesorando a nuestras startups. Pero también la conexión con los reguladores relevantes, la academia y los medios de comunicación.

Mari-Carmen Marx: Soy parte del equipo directivo que lidera la expansión de F10, una incubadora y acelerador originario de Suiza, a España. Aterrizamos en España a principios de septiembre y hemos estado ocupados preparando todo desde entonces. 

FT: ¿Por qué F10 decidió apostar por España para establecer su programa de incubación y aceleración? 

En España hemos visto un gran potencial en el sector de los bancos y las aseguradoras ya que el ecosistema innovativo en estos sectores es actualmente subdesarrollado a nivel mundial junto con un reciente crecimiento en la inversión de startups tecnológicas. Con el apoyo de SIX y BME, estamos seguros de que podemos aprovechar mucho de este potencial para impulsar el ecosistema de innovación español.

Con nuestras otras oficinas en Suiza y Singapur, el mercado español también nos da acceso al mercado de la UE por un lado, así como una puerta al mercado latinoamericano por el otro. Esto es importante para nosotros ya que estamos buscando construir una red de innovación realmente global.

FT: ¿Qué hace a F10 único y cómo podríamos conocer más sobre el ecosistema? 

Con F10 estamos creando un ecosistema centrado en la creación de innovación para el sector bancario y de seguros, y nos enfocamos en las verticales FinTech, InsurTech, RegTech y DeepTech, aportando una red internacional. No es solo la experiencia en los programas, sino la capacidad de intercambiar experiencias y de aprovechar la visibilidad que le da a las empresas, las startups y hasta a los inversores.

También fuimos capaces de construir un excelente historial en los últimos 5 años con más de 120 startups exitosas que recaudaron más de 100 millones de dólares en capital inicial. También estamos contentos de que empresas destacadas formen parte del F10, como Generali, SIX, Julius Baer y muchas más… y pronto podremos anunciar oficialmente a destacadas empresas españolas que se unan al F10.

Por lo tanto, si eres una empresa, una startup o inversor interesado en formar parte de nuestro ecosistema de innovación, por favor, ponte en contacto y visita nuestra página web. Ahora mismo estamos buscando las mejores startups en el espacio de FinTech, RegTech, InsurTech y DeepTech, para que formen parte del primer programa de incubación que empieza en Marzo del 2021 en Barcelona. Si estás interesado en postularte, ¡las solicitudes están abiertas!

FT: ¿Cuál creéis que es el desafío más grande en los próximos años para el ecosistema fintech español? 

España tiene una excelente reserva de talento y es un lugar atractivo para la innovación en fintech – siendo parte de la Unión Europea y actuando como enlace con América Latina, una de las áreas emergentes más  dinámicas de fintech. Por lo tanto, estamos comprometidos a reunir a los principales actores – las grandes empresas, las mejores  startups y los inversores. Iniciativas como España Digital 2025 y el reciente lanzamiento del  ‘sandbox’ regulatorio apoyarán aún más el desarrollo.

Sin embargo, a  nivel mundial, todavía tendremos que recuperar terreno para estar en la misma liga que los EE.UU., el Reino Unido o Israel. Esto requiere emprendedores resistentes y comprometidos que quieran crear el futuro de la banca y los seguros. Y nuestro lanzamiento en España es un fuerte compromiso para hacer que esto suceda. 

FT: Os hacemos una última pregunta para que pueda ser de ayuda a la comunidad de FT, qué pensáis que podría ser mejor para un joven, ¿empezar en el mundo laboral con una start-up con fuerte capacidad de innovación o una big corporation? 

Una vez escuché a un ponente en una conferencia que se refería a los bancos como “grandes FinTechs” – esto resonó conmigo porque creo que el mercado está cambiando de una manera donde tanto los titulares como las startups tienen que luchar por su posición en el mercado.

Por lo tanto, creo que independientemente de cuál uno elige (y ambos pueden enseñar mucho), será cada vez más importante traer una mentalidad emprendedor a su trabajo.

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Blog Spain

ENTREVISTA A ALFONSO SAINZ DE BARANDA, CHIEF GROWTH OFFICER DE BNEXT

FT: Empecemos con tu experiencia laboral, cuéntanos, dónde empezaste y ¿a qué te dedicas hoy en Bnext?

Empecé en Bnext como el, ¿7º? miembro del equipo, cuando apenas habíamos levantado nuestro primer Crowdfunding de 340.000€. Mi rol desde ese momento no ha cambiado, Chief Growth Officer aunque es cierto que mis responsabilidades han evolucionado… mucho 🙂

FT: El haber empezado tu carrera como consultor ha sido útil para tu experiencia como emprendedor en el mundo fintech? 

Totalmente. La consultoría, con sus más y sus menos, te enseña una ética laboral que es muy buena para el emprendimiento. Básicamente, te enseña la importancia de hacer un trabajo de calidad en tiempos muy cortos, aprendiendo a priorizar y entender que es lo que quiere el cliente. Y además, te da una resiliencia que como emprendedor se pondrá a prueba… muchas veces.

FT: En los últimos años hemos visto crecer Bnext de forma exponencial, hemos participado en la última campaña de crowdfunding como inversores, ¿hay alguna novedad que nos puedas contar?  

El COVID ha sido un duro golpe para los Españoles, y también para nosotros. Afortunadamente, el golpe nos pilló con dinero en el banco y con un equipo super comprometido que está dándolo todo.

Ahora mismo nos encontramos en medio de una migración de VISA a Mastercard que va a suponer un cambio brutal para nuestros clientes.

FT: ¿Cuál crees que es el desafío más grande en los próximos años para el ecosistema fintech español? 

Encontrar modelos de negocio viables que permitan ser sostenibles en un mundo donde la financiación va a ser cada vez más escasa.

FT: Te hacemos una última pregunta para que pueda ser de ayuda a la comunidad de FT, qué piensas que podría ser mejor para un joven, ¿empezar en el mundo laboral con una start-up con fuerte capacidad de innovación o una big corporation? 

Ninguna es mejor o peor. Creo que lo importante es lo que saques del trabajo. Lo más importante es que, estés donde estés, no dejes de formarte nunca y que siempre intentes salir de tu zona de comfort.

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INTERVISTA A ANTONIO LA MURA, COUNTRY MANAGER ITALY AT FINOM

FT: Da pioniere in questo settore, come è nata la tua passione per il fintech? 

La mia passione per il settore è nata un po’ per caso e un po’ per vocazione. Fin dall’università sono stato appassionato di startup e durante la mia prima esperienza lavorativa nel 2014 ho partecipato all’espansione in Italia di una piattaforma internazionale di equity crowdfunding. Questo mi ha dato la possibilità di avere una visione più ampia di come stava evolvendo il mercato all’estero e delle opportunità che si sarebbero presentate di lì a breve anche in Italia.

In quegli anni il termine “fintech” era ancora poco utilizzato. Apparteneva soltanto agli addetti ai lavori. Ho avuto la fortuna di trovarmi coinvolto in un nuovo movimento, prima europeo e poi italiano, che puntava a rivoluzionare i servizi finanziari tradizionali. Sono convinto che saranno ancora molte le novità che ci stupiranno nei prossimi anni.

FT: Pensi che l’ecosistema fintech negli ultimi anni sia cresciuto abbastanza in Italia rispetto al resto d’Europa? 

Credo che sia cresciuto molto e alcuni segmenti anche più delle aspettative. Basta pensare al successo delle startup nell’ambito dei finanziamenti alle imprese. Tuttavia l’ecosistema nazionale nel suo insieme è ancora distante da altri paesi come Regno Unito o anche in Francia e Germania.

In ogni caso il mercato italiano ha visto una fortissima crescita e l’ingresso in Italia di player internazionali è un elemento positivo perché dimostra la capacità del mercato di accogliere nuove iniziative fintech e, di conseguenza, sono sicuro che questo stimolerà nuove iniziative imprenditoriali italiane.

FT: Raccontaci di FINOM, dei servizi che offrite e a chi vi rivolgete

FINOM è una start-up a vocazione europea, che eroga servizi finanziari online per adesso in Germania e Italia, con quartier generale ad Amsterdam (Olanda). La nostra struttura geografica conferma la volontà di considerare il mercato europeo nel suo insieme, senza concentrarsi nei singoli paesi. È stata fondata nel 2019 e da allora la sua missione è quella di semplificare la vita di imprenditori e professionisti, che sono la spina dorsale dell’economia europea. Offriamo un servizio finanziario B2B e al 100% digitale, che aggrega in un’unica piattaforma la fatturazione elettronica, un conto business e funzionalità a valore aggiunto come la riconciliazione bancaria. Vogliamo diventare dei veri e propri “assistenti personali” per chi fa business, muovendoci verso un servizio completo di business finance management. Una direzione che attrae molti investitori. Nel 2020 abbiamo raccolto 16.8 milioni di euro di investimenti, con partecipazioni importanti come quella di Target Global, un fondo d’investimento internazionale con base a Berlino, che gestisce un portafoglio di asset da oltre 800 milioni di euro

FT: FINOM è una fintech altamente concentrata nella semplificazione dei processi amministrativi aziendali, come si sta sviluppando l’azienda in Italia rispetto alle altre nazioni in cui siete presenti?

L’azienda all’estero offre un conto business per freelance e imprenditori con IBAN locale. In Italia siamo partiti invece offrendo un servizio essenziale ed estremamente semplice di fatturazione elettronica, ma fin da subito abbiamo avuto l’intenzione di supportare i nostri clienti con funzionalità integrate che potessero semplificare la gestione delle sue finanze a 360 gradi. Il nostro servizio vuole essere un vero assistente digitale per l’imprenditore o il professionista che troppo spesso ha difficoltà nel gestire la propria attività amministrativa e a reperire in modo semplice e immediato lo stato di salute della sua attività. Abbiamo quindi già introdotto feature come il tracking delle fatture e i reminder automatici di pagamento ai clienti per sollecitare il saldo; il calcolo di crediti esigibili e debiti da pagare a 7, 14, 30, 60 e 90 giorni dall’emissione o ricezione della fattura; riconciliazione di fatture e transazioni bancarie e l’accesso al commercialista. Nei prossimi mesi saremo invece in grado di offrire anche un conto business associato a carte di pagamento, come già avviene all’estero, in linea con il nostro obiettivo di semplificare al massimo la gestione amministrativo-finanziaria delle attività dei nostri clienti.

FT: Quali credi siano stati gli effetti del covid che hanno maggiormente impattato il settore?

Credo che l’elemento chiave dell’esperienza vissuta negli ultimi mesi sia la dimostrazione dell’efficacia di strumenti di comunicazione a distanza per la stipula di servizi finanziari. I clienti hanno compreso l’effettiva convenienza di acquistare o attivare servizi bancari senza recarsi fisicamente allo sportello. Hanno inoltre acquisito fiducia in queste nuove modalità di attivazione dei servizi, rendendoli una nuova abitudine.

Allo stesso tempo gli operatori sono stati costretti ad adeguarsi a modalità innovative. In molti hanno avuto l’occasione di allinearsi al mercato e di raggiungere un livello di innovazione, che prima apparteneva soltanto alle startup del settore.

Credo che, nel breve termine, ci sarà una fortissima crescita dei processi di digital transformation all’interno dei settori tradizionali. Il gap di servizio fra le incumbent e i nuovi entranti si ridurrà sempre di più.

FT: Ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che ha appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation? 

Più che l’azienda, quel che mi sentirei di suggerire è lavorare all’interno di un progetto nuovo e sfidante, e in linea con le proprie ambizioni. Nel mercato ci sono aziende di pochi mesi che sono gestite con processi iper strutturati e realtà con più di 100 anni che hanno invece ancora la stessa agilità e ambizione di una startup. Per questo motivo suggerirei di concentrarsi più sul lavoro che si andrà davvero a fare, sulle persone con le quali si andrà a collaborare, a quanto si può imparare e sull’impatto che questo progetto può avere sulla propria crescita personale.

Che il tuo lavoro sia in una startup o in una corporation, per poter avere successo hai bisogno di coraggio, curiosità e resilienza. Se trovi il progetto giusto e convincente, allora sarà quella la scelta migliore.

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IL CONTO BUSINESS 100% SI CHIAMA QONTO

Abbiamo già recensito prodotti business a servizio delle PMI italiane, ma con questa nuova recensione della francese Qonto ci dedichiamo completamente al segmento corporate, perché mai come nelle aziende è necessario avere a disposizione soluzioni agili e veloci per far crescere il proprio business.

Chi è passato almeno una volta dalla trafila di aprire un conto aziendale, sa quanto tempo si perde in scartoffie e quanto sia difficile delegare gli accessi se non attraverso richieste e autenticazioni infinite.

Oltretutto è praticamente impossibile trovare una banca tradizionale che abbia reso 100% i propri processi, per qualsiasi cosa occorre recarsi in filiale e firmare documenti su documenti.

Registrarsi a Qonto e utilizzare i vari servizi per gestire bonifici, addebiti diretti, trasferte e note spese è un gioco da ragazzi. In più, una caratteristica fondamentale per migliorare la gestione contabile, è possibile integrare il sistema con il proprio commercialista. Accessibile sia da desktop che da pc.

Fattore di fondamentale importanza, anche se come detto all’inizio la startup Qonto è francese, il conto corrente che si attiva per una società italiana ha l’IBAN italiano.

Nonostante abbia un conto di gestione può essere attivato gratuitamente in prova per i primi 30 giorni dalla registrazione, senza alcun impegno. 

“Utilizziamo il design e la tecnologia per offrire a imprenditori e professionisti l’esperienza bancaria che meritano”

Alexandre Prot and Steve Anavi – Co-Founders @Qonto

Il design al centro della rivoluzione business

Qonto è un servizio che nasce dalla semplificazione di processi corporate desueti e troppo complessi per le imprese di nuova generazione e non solo. Rappresenta un alleato fondamentale per la gestione finanziaria aziendale, grazie alla straordinaria semplicità data dalla miglior esperienza utente.

Qonto è a tutti gli effetti una neobanca con oltre 100.000 clienti imprese, opera quindi come fintech nel B2B, sparsi tra Francia, Italia, Spagna e Germania. In Italia è attiva dal Maggio 2019, con un processo di internazionalizzazione che parte proprio dal nostro paese, con un team locale focalizzato sull’adattamento della strategia. 

A proposito di team, uno dei punti di forza di Qonto rispetto all’home banking tradizionale è proprio la gestione degli account con accessi multiutente, che permettono di gestire al meglio i permessi di ogni collaboratore, oltre a poter richiedere carte personalizzate.

Le tipologie di conti Qonto

Con un servizio clienti operativi ed efficiente è possibile aprire il proprio conto in meno di 15 minuti, scegliendo tra le differenti tipologie disponibili in base alla dimensione del business.

Opzione Solo

Il conto perfetto per il liberi professionisti con accesso ad un solo utente, ha un costo mensile di 9€, include una carta One base e 20 bonifici e addebiti diretti SEPA al mese.

Opzione Standard

L’alternativa perfetta per una PMI che ha necessità di utilizzare il conto multiutente fino a 5 componenti del team con 2 carte debito One già incluse nel canone mensile di 29€. I bonifici e addebiti diretti SEPA inclusi al mese salgono a 100.

Opzione Premium

Ha un canone di 99€ al mese e si adatta a realtà più strutturate con un numero illimitato di utenti che possono essere attivati sull’account aziendale. Vengono incluse nell’offerta anche 5 carte di debito One fisiche ed illimitate carte di debito One virtuali. I bonifici e addebiti diretti SEPA al mese sono 500.

Le tipologie di carte Qonto

Ogni conto corrente che si rispetti ha ovviamente degli strumenti elettronici di pagamento associati come le carte di debito.

Nel caso di Qonto, come già in parte espresso nel delineare le varie tariffe, ci sono 3 carte disponibili con caratteristiche differenti.

Carta One

La Carta One è la carta base di Qonto, non ha un costo aggiuntivo in quanto è inclusa nel canone di gestione del conto, a meno che vengano richieste carte supplementari oltre a quelle incluse nel pacchetto che hanno un costo di 5€.

I pagamenti con carta in euro sono completamente gratuiti con il limite di 20.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi e di 1.000€ per i prelievi in contanti che hanno un costo fisso di 1€ per prelievo.

Carta Plus

Per la Carta Plus è previsto un canone aggiuntivo di 6€ mensili che prevede il miglioramento di alcune condizioni rispetto alla carta base One.

Per esempio le commissioni sui pagamenti extra ue sono dimezzati all’1% rispetto al 2% della versione base, il limite di pagamento con carta è raddoppiato a 40.000€ come i prelievi in contante che passano a 2.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi.

Sono inclusi anche 5 prelievi in contanti per un periodo di 30 giorni consecutivi, ogni prelievo successivo ha il costo fisso di 1€.

Carta X (metal)

La versione premium tra le 3 proposte, si allinea al trend del materiale metallico ha un costo mensile di 20€ per carta che si somma al costo del piano mensile.

Praticamente tutti i servizi di pagamento extra ue, prelievi, commissioni sono tutti inclusi nel canone. 

Sono previsti limiti sulle spese per 60.000€ per un periodo di 30 giorni consecutivi e 3.000€ per i prelievi in contanti. 

Il tipo di assicurazione sulla carta è premium e si aggiungono rispetto alle precedenti versioni, l’accesso alle sale VIP degli aeroporti e un servizio di concierge con un assistente personale disponibile 7 giorni su 7. 

Per ottenere maggiori informazioni e visualizzare tutte le caratteristiche distintive di ogni carta e conto visita le pagine “Tariffe” e “Carte” del sito di Qonto.

Disclaimer: come sempre nelle nostre recensioni selezioniamo solo fintech e prodotti che conosciamo e utilizziamo in prima persona. Non siamo consulenti finanziari, valutiamo le fintech per i loro servizi ed esprimiamo un parere del tutto personale.

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INTERVISTIAMO CARLO GUALANDRI, FOUNDER E CEO DI SOLDO

Carlo Gualandri è il fondatore di Soldo, una startup inglese nel settore FinTech attiva nel mercato finanziario europeo nello spend management. In precedenza, Carlo ha partecipato allo sviluppo di aziende nel settore del mobile e del social gaming presso Intent Ventures ed è stato il fondatore di Gioco Digitale, società diventata leader nel mercato del gioco regolato in Italia. In Lottomatica (ora IGT) è stato responsabile dello sviluppo delle nuove piattaforme, definendo le strategie di crescita del business online e lanciando a livello nazionale le lotterie istantanee telematiche. Come fondatore di Matrix ha contribuito alla nascita del mercato internet in Italia creando il primo portale italiano, Virgilio, e la concessionaria di pubblicità Active Advertising. Ha guidato le attività della divisione Internet Service Provider consumer e small business in Telecom Italia e partecipato al lancio di Fineco, la banca online leader in Italia.

FT: Da pioniere di internet a fondatore di una fintech italiana tra Londra e Dublino, com’è stato il passaggio da un settore all’altro?

Soldo, combina molte esperienze che ho fatto nella mia carriera. Da quella di Fineco, una delle prime neo-banche ante litteram dove sviluppammo la tecnologia di una banca online quando esistevano solo le filiali a quella delle Pagine Gialle e di molte aziende di Matrix e Telecom Italia dove vendevamo servizi alle PMI fino al business regolato di Gioco Digitale dove aldilà della destinazione d’uso per il gioco la gestione del denaro dei clienti era molto simile alla modalità con cui lavora una fintech.

Quindi più che un passaggio questa è l’integrazione di esperienze fatte negli ultimi venti anni.

FT: Cosa serve all’Italia per attirare la prossima Soldo? O cosa gli manca per non farsela scappare?

CG: Oggi è necessario avere una dimensione come minimo Europea o addirittura globale per poter competere e per poter aspirare a questo è necessario avere una cultura ed un contesto più internazionale, cosa difficile da trovare in Italia. A Londra o a Berlino per esempio arriva e vive gente da tutta Europa e da tutto il mondo, portando esperienze di ogni tipo e creando uno scambio ed un confronto continuo di talenti. Questo si traduce in una ricchezza umana molto importante per la crescita delle aziende.

Se non c’è la capacità di pensare in termini di ambizione globale allora il rischio è di avere obiettivi “piccoli” e di accontentarsi magari del mercato locale. E questo si riflette sulla capacità di attrarre capitali. Creare startup è una cosa estremamente rischiosa e la maggior parte di esse normalmente non raggiunge il successo per cui i finanziamenti si concentrano su quelle che in caso di successo possono creare il valore maggiore. E in questo una azienda piccola, culturalmente non diversa, che ha difficoltà ad attrarre talenti perché questi stanno altrove e concentrata su un mercato solo, quello locale, ha grandi difficoltà.

È il concetto di ecosistema ed è il motivo per cui gli Stati Uniti sono così forti. Semplicemente in quel contesto creare una azienda e farla crescere è più facile e la ricompensa maggiore.

Ed è anche il motivo per cui è così difficile cambiare le cose; bisognerebbe poter intervenire su tanti aspetti. Sulla cultura, sulla scuola, sulla conoscenza della lingua, sulla burocrazia, sul costo del lavoro, sulla credibilità del paese, sulla disponibilità di fondi etc. etc.

Per esempio, la Francia ha cominciato a crescere molto in questi ultimi anni ma è la conseguenza di una strategia molto determinata del governo e dell’industria, di investimenti enormi e di un sacco di lavoro per molto tempo.

Per poter cambiare le cose in Italia bisognerebbe avere le idee chiare ed essere in grado di perseguire un obiettivo difficile per lungo tempo.

FT: Parlando invece di welfare aziendale, come sono cambiati i bisogni dei lavoratori dopo il Covid-19?

CG: Non saprei dire se ci siano stati dei cambiamenti strutturali permanenti. Oggi siamo ancora in una fase di transizione e bisognerà aspettare di vedere come si assesteranno le cose nel lungo termine e una volta finita l’emergenza.

Ovviamente i nostri comportamenti rifletteranno una diffidenza verso la vicinanza con altre persone e questo impatterà su molte abitudini negli uffici. Allo stesso modo probabilmente una certa quota di lavoro a distanza diventerà parte della normalità e della routine.

Dobbiamo pensare però che una volta che il Covid-19 diventerà l’eccezione in una popolazione generalmente sana per via di vaccini o di immunità diffusa ci sarà una tendenza a ritornare alle nostre usuali abitudini.

FT: Come sta andando la collaborazione con i Comuni per i buoni spesa? Avete lanciato questa iniziativa solo in Italia o ci sono altre nazioni con politiche sociali simili a cui avete offerto la vostra tecnologia gratuitamente?

CG: La collaborazione con i Comuni è andata e sta ancora andando molto bene, per esempio Milano ha recentemente esteso il progetto aggiungendo diverse altre migliaia di famiglie.

Credo che sia un ottimo esempio di come con un approccio agile e lavorando sodo si possano creare in poco tempo soluzioni innovative e riuscire ad applicarle facendo la differenza. Questo è il classico ruolo che deve giocare una realtà come la nostra.

Ci sono diverse discussioni aperte in altri paesi ma in molti casi le opportunità si sono sviluppate in modo diverso; in Inghilterra per esempio il settore delle charities e non for profit organisations ha utilizzato molto di più i nostri strumenti in modo simile all’Italia mentre il governo si è focalizzato su aspetti più strutturali come la cassa integrazione.

FT: Consiglieresti a un ragazzo di entrare nel mondo fintech o prima lavorare nel settore della finanza classica?

CG: Dipende totalmente dalla qualità dell’opportunità e dell’esperienza che può fare. Un ragazzo dovrebbe sempre ragionare su come investire per imparare di più e aumentare il proprio valore, soprattutto quando è giovane e non ha ancora vincoli. 

Le possibilità migliori potrebbero venire sia dal mondo fintech che dal mondo della finanza classica ma la valutazione deve essere fatta in modo molto oggettivo.





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IL FINTECH SECONDO ADRIANO GERARDELLI DI PWC

Ciao Adriano, 

Anzitutto grazie per la tua disponibilità, è un vero piacere poter discutere di fintech con te! 

FT: Come è nata la tua passione per il fintech? 

AG: In qualità di consulente, la mia mission principale è quella di proporre soluzioni innovative che soddisfino le esigenze di crescente complessità espresse dai clienti e dai loro stakeholder, che consentano di creare sinergie tra tutti gli attori del mercato e che, contestualmente, apportino valore aggiunto all’ecosistema complessivo. La disruption portata dalle Fintech, fin dalla loro prima comparsa in Italia (attorno al 2010), ha dimostrato di saper offrire tecnologie sofisticate (tra cui Big Data, Artificial Intelligence, Blockchain) in grado di rispondere ai bisogni di semplificazione e riduzione di costi espressi dai player tradizionali, consentendo la creazione di una value-chain democraticamente accessibile a tutti gli attori coinvolti e favorendo, contestualmente, l’evoluzione verso un paradigma caratterizzato sempre più da digitalizzazione e sostenibilità. Proprio in quest’ottica e data l’esperienza maturata prettamente nel mondo dei Financial Services, il mio interessamento verso il mondo dell’innovazione e del Fintech è stato naturale ed inevitabile, permettendomi di poter lavorare per identificare e proporre le migliori opportunità al network interno ed esterno di PwC.

FT: Come o quanto pensi il fintech possa crescere da qui a 3 anni? Quali ambiti secondo te saranno maggiormente interessati?

AG: Dal rapporto Fintech 2020 in Italia, pubblicato da PwC lo scorso Aprile (PwC Italian FinTech Observatory 2020) si evincono segnali positivi per la crescita del settore nei prossimi anni: solo nel 2019, il fatturato complessivo del comparto è cresciuto del 40% circa (del 64% se si considerano aziende italiane con sede legale all’estero, no profit e aziende di nuova costituzione) mentre il numero delle Fintech censite è aumentato di circa il 20%. Inoltre, l’importanza attribuita alle Fintech da parte delle Istituzioni centrali (il Canale Fintech di Banca d’Italia), le agevolazioni fiscali offerte per la promozione di iniziative di Venture Capital (la deduzione del 50% della tassazione per acquisto di startup) incoraggiano a pensare che il trend di crescita si manterrà costante, se non in aumento, anche nei prossimi anni. Nell’attuale contesto di spinta alla semplificazione e alla digitalizzazione dei servizi, il ruolo strategico delle Fintech si rivelerà essenziale principalmente nell’ambito dei Pagamenti, favorito dall’entrata in vigore della PSD2 e dall’Open Banking, oltre che nel mondo degli investimenti (Asset & Wealth Management) e dell’accesso al credito, entrambi settori in forte evoluzione ed attrattivi per nuovi player.

FT: Sappiamo un pò tutti che l’Italia è rimasta leggermente indietro rispetto ad altri stati europei, pensi riuscirà a recuperare questo gap? 

AG: Il settore Fintech italiano si posiziona, secondo le statistiche di Findexable, al 24esimo posto nel contesto internazionale registrando un effettivo gap rispetto agli altri paesi. Le cause di tale gap si ravvisano sia nel perdurare della scarsità di investimenti (diminuiti da 197 €Mln nel 2018 a 154 €Mln nel 2019, in controtendenza rispetto all’aumento del 70% registrato in Europa solo nell’ultimo anno), sia nel ritardo con cui il Fintech è arrivato in Italia (circa 5 anni dopo lo sviluppo a livello internazionale). Un outlook positivo sembra tuttavia provenire dal progressivo cambio culturale in atto, che denota un nuovo ottimistico approccio alle Fintech: l’Indagine FinTech nel Sistema Finanziario italiano, condotta da Banca d’Italia, rileva (solo nel 2019) 42 partnership dirette, 11 collaborazioni attraverso Incubatori-Acceleratori-Hub e 7 acquisizioni; allo stesso modo, il rapporto Fintech PwC conferma un’evoluzione positiva del settore, ulteriormente avvalorata dalla crescita del numero di aziende, scale-up e del tasso di turnover, chiari segnali sia di promettente dinamismo sia di crescente apprezzamento rispetto ad un settore verso cui i tradizionali attori di mercato si sono dimostrati a lungo scettici.

FT: L’attuale crisi darà un boost alla crescita del settore? 

AG: L’emergenza attuale ha generato nel Fintech, come in tutti i settori, una condizione di aleatorietà, ponendo numerose incognite sulle conseguenze della pandemia e, complessivamente sullo scenario futuro. Gli impatti negativi potrebbero riguardare la complessiva diminuzione sia degli investimenti di Venture Capital, che potrebbero distogliere l’attenzione verso le nuove start-up e provocarne la chiusura, sia del volume delle transazioni, comportando una netta flessione dei profitti nel comparto. Allo stesso modo, non mancano aree di potenziale ottimismo: l’obbligo di distanziamento sociale e lo smart-working, se da un lato hanno evidenziato l’inadeguatezza delle infrastrutture attuali, dall’altro hanno aumentato l’esigenza di accelerare la rivoluzione tecnologica e semplificare l’accesso da remoto ai servizi, favorendo l’ingresso nel mercato di nuovi modelli di business capaci di rispondere alle esigenze dei “consumatori digitali”. In questo scenario, le aziende Fintech, non soltanto potranno, ma dovranno consolidarsi negli ambiti che più necessitano di una rapida innovazione digitale, tra cui il Lending, le soluzioni di Onboarding e KYC, la Cybersecurity, le interfacce conversazionali (e.g. rule-based, AI-based o ibride) e la Customer Experience.

FT: Pensi che l’apertura delle società di consulenza verso il Fintech possa essere d’esempio per la finanza tradizionale e addirittura rappresentare un modello di seguire?  

AG: L’apertura verso il Fintech è oggi un imperativo per le società di consulenza che desiderano rimanere competitive sul mercato, offrendo ai propri clienti sia strumenti in linea con i trend di innovazione tecnologica, sia soluzioni in grado di anticiparli. Tuttavia, non è sufficiente proporre soluzioni all’avanguardia ed allineate alle best practice di mercato, bensì è necessario creare un ecosistema collaborativo con i propri clienti, instaurando una relazione di contributo bidirezionale, anche attraverso workshop e sessioni di co-design, e coinvolgendo tutti gli attori in grado di portare un concreto valore aggiunto tra cui, in primis, le start-up. PwC si è già mossa in questa direzione, creando New Ventures (PwC’s New Ventures), una Business Unit dedicata alle tematiche di Innovation Management che, operando su specifiche aree di focalizzazione, intercetta le tecnologie più promettenti (e.g. Fintech, Artificial Intelligence & Automation, Future of Work, Supply Chain Optimization), ne abilita la prototipazione, il testing e lo sviluppo delle migliori soluzioni, ponendosi inoltre come piattaforma per iniziative di Corporate Innovation e Corporate Venture Capital (Forbes Brand Voice 09/2019)

FT: Ti faccio un’ultima domanda con la speranza che possa essere di aiuto alla community di FT, ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation? 

AG: Fintech e corporation, essendo realtà integrate e non solo complementari, risentono ognuna dell’influenza reciproca dell’altra, condizionandosi a vicenda ed evolvendosi nel continuo. Pertanto, l’ingresso di un giovane laureato nella prima o nella seconda, in nessun caso precluderebbe di attingere agli stimoli ed impulsi offerti dall’altra, in virtù della relazione fluida esistente tra le due. È tuttavia innegabile che entrambe le realtà offrano esperienze formative basate sul core-business e sulla struttura che le caratterizzano: lavorare in un’azienda di grandi dimensioni permette da subito di comprendere le principali dinamiche che la governano ed il settore in cui opera, acquisendo una visione macro del mercato di appartenenza. Allo stesso modo, il settore del Fintech, caratterizzato da estrema dinamicità e continua evoluzione, può risultare tanto accattivante quanto formativo per i giovani, offrendo loro la possibilità di approfondire ambiti legati all’innovazione e alla trasformazione digitale, in linea con il trend attuale e che, da ultimo, costituiranno i capisaldi dell’evoluzione del mercato nei prossimi anni.

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DIFFERENZE TRA EQUITY E LENDING CROWDFUNDING

Come capire quali sono le principali differenze tra le piattaforme di equity e lending crowdfunding

Nell’universo delle piattaforme di crowdfunding esistono due grandi macro tipologie, quelle di tipo equity e quelle di tipo lending.

Le differenze tra queste due tipologie sono ben delineate, da una parte l’equity è inteso come raccolta e partecipazione nel capitale di una società, mentre il lending è letteralmente un prestito.

Differenza nette, che nella finanza tradizionale potremmo paragonare a strumenti come le azioni e le obbligazioni. 

Equity crowdfunding, cos’è e come funziona

Nel caso dell’equity, l’investimento che viene effettuato attraverso una piattaforma corrisponde a una quota della società proponente: si investe direttamente nel suo capitale capitale sociale, diventandone soci e condividendone il rischio d’impresa ed i conseguenti futuri dividendi. 

All’interno del modello di raccolta equity, come avviene nella quotidianità delle aziende, possono coesistere diverse classi di soci, con o senza alcuni privilegi come il diritto di voto in base agli importi investiti. 

Remunerazione

Ma veniamo a quello che interessa davvero all’investitore: come si guadagna, cioè, con questa tipologia di investimenti. 

La tipologia di remunerazione dipende molto dalla campagna, dal momento che si possono finanziare piani industriali delle società proponenti con una durata  dell’investimento indeterminata e senza alcuna indicazione di un possibile ROI atteso, oppure come nel caso del crowdfunding immobiliare è possibile finanziare una singola operazione investendo nella promessa di un ROI stimato ad una data scadenza.

Quando si parla di raccolte in equity per startup si investe nel potenziale di un’azienda che nel lungo periodo potrebbe generare un ritorno da una possibile exit. 

Le più longeve piattaforme di equity in Italia sono 200Crowd, Wearestarting, Mamacrowd e Crowdfundme. Menzioniamo per quest’ultima una quotazione all’AIM che fa ben sperare per il settore.

A livello internazionale citiamo Crowdcube e Seedrs, che hanno finanziato nel corso degli anni alcune campagne particolarmente significative soprattutto nel mondo fintech.

Mentre per il mondo del real estate le piattaforme italiane da citare sono Walliance e Concrete che permettono di investire in progetti immobiliari.

Lending crowdfunding, cos’è e come funziona

Il lending, dalla traduzione stessa del termine, ha come sottostante un contratto di prestito. L’investimento consiste nel prestare i propri risparmi ad una società, solitamente non un spv ma la società con operatività storica, in cambio di un tasso d’interesse corrisposto secondo un piano di ammortamento prestabilito.

Anche in questo caso non mancano le varianti, ci sono ad esempio i ritorni stimati e i tassi fissi, la quota di capitale può essere rimborsata alla scadenza del finanziamento (bullet) o alla francese (che prevede il rimborso di quota capitale insieme alla quota degli interessi). 

Remunerazione

La remunerazione con il lending crowdfunding dipende in larga parte dai risultati economici ottenuti dalla società che riceve il finanziamento, in poche parole dipende dai flussi di cassa futuri. Tali flussi devono risultare positivi per far si che un’operazione venga giudicata positivamente sia dalle piattaforme che presenteranno l’operazione che dagli investitori.

I ritorni e la restituzione del capitale possono prevedere rate mensili, trimestrali o una liquidazione alla conclusione del prestito. 

Nel caso di un piano di ammortamento alla francese, in base alla periodicità (mensile, trimestrale etc.) si riceve per ogni rata una quota mista che comprende sia i rendimenti che la graduale restituzione del capitale.  

Con la tipologia di finanziamento bullet invece, gli interessi vengono distribuiti su base mensile o trimestrale e il capitale rimborsato a fine finanziamento. 

Esistono numerose piattaforme di lending, nel mondo del finanziamento alla PMI spicca October (ex lendix) sopra tutte per la diversificazione geografica e il track record di campagne, mentre in Italia seppur tra le realtà più recenti a cavallo tra il settore immobiliare, industriale e energetico vale la pena menzionare la piattaforma RE-Lender.

Differenze e rischi

Quando si parla di equity e lending, si parla sempre di piattaforme con caratteristiche specifiche che operano secondo la legislazione vigente. Non esistono evidenze sul fatto che una modalità sia migliore, più redditizia, meno rischiosa dell’altra, dipende tutto dalla società che raccoglie i fondi.

La piattaforma in entrambi i casi è un mero intermediario che ha solamente il compito di valutare e pubblicare il progetto, è una vetrina per le varie opportunità d’investimento. 

Il rischio di perdita totale o parziale dell’investimento c’è sempre in entrambi i casi, come in qualsiasi investimento, nulla è garantito, altrimenti si perderebbe il concetto stesso nell’investire. Sia per chi vuole farsi finanziare che per chi vuole investire è sempre necessario studiare le singole piattaforme, ricercare esperienze di utenti online, analizzare il track record delle operazioni lanciate e concluse.

La parola chiave in questo settore è una ed una sola: trasparenza.

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#EUROPEDAY SECONDO 10 INNOVATORI ITALIANI

Il nostro primo articolo di redazione, un lavoro corale di tutto il gruppo Fintech Titans, è dedicato al 9 Maggio, la Festa dell’Europa.

Non poteva essere altrimenti visto che geograficamente ci troviamo in Italia, Spagna e Irlanda, più precisamente, Milano, Madrid e Dublino, comunichiamo quindi ogni giorno grazie alla tecnologia di Whatsapp e condividiamo i nostri articoli su Google Drive.

Per questa speciale ricorrenza volevamo limitarci nello scrivere per rendere protagonisti un gruppo di stimati amici e colleghi che lavorano nel mondo dell’innovazione.

C’è chi ha fondato startup di successo dall’Italia per espandersi in Europa e chi lavora per società internazionali e si confronta ogni giorno con l’eterogeneità delle culture, 10 punti di vista completamente diversi che ci fa piacere aver raccolto in questo articolo per celebrare questa giornata così speciale. Buona lettura e buona Festa dell’Europa!

Stefania Barbato – Innovation Expert

Avendo vissuto il passaggio da Lira a Euro per me il mercato europeo ha rappresentato una grande conquista raggiunta.

Lavorando nell’innovazione, la consapevolezza di un’Europa senza confini è sempre stato sinonimo di contaminazione: poter conoscere persone e viaggiare in Italia così come in Francia o in Spagna per acquisire più conoscenze. E che le idee migliori siano quelle di business scalabili che si sanno poi adattare ai vari contesti nazionali.

Francesca Bartolino – Senior Marketing Specialist di N26

Lavorare per una societá fintech europea oggi ha ancora più valore rispetto al passato. Quando si pensa ai colossi del tech, ma anche alle startup diventate scaleup multinazionali, è inevitabile immaginare scenari che appartengono piú alla Silicon Valley, che al contesto europeo. Il successo di N26, invece, dimostra in modo tangibile che è possibile fare innovazione anche in Europa e addirittura portare questa spinta innovativa in US, dove N26 ha lanciato i propri servizi nel luglio 2019 ed é diventata in pochi mesi una delle challenger bank più utilizzate oltreoceano”.

Giovanni Buono – Co-Founder di Fundsfy

Pensavo che il fintech sarebbe passato di moda in fretta ma il mondo post-covid e l’impatto economico causerà una iper-digitalizzazione dei processi e soluzioni sia nella finanza  per le aziende che nella nostra vita quotidiana. Nella nuova realtà tutto quello che aiuta ad essere cashless, paperless and istantaneo avrà un curva di adozione impennata nei prossimi mesi. Aziende ed app che offrono ad esempio instant-loans, e penso ad alcune fintech italiane che hanno già siglato accordi con il governo per usare i loro processi e canali digitali per erogare i prestiti a supporto delle pmi in difficoltà o in Germania dove lo scorso aprile una azienda leader del settore real estate ha lanciato la sua piattaforma digitale per “liquidare” la tua casa, ovvero ricevere un prestito quasi immediato garantendolo con una percentuale del tuo patrimonio immobiliare. Anche il wealthtech, ovvero la soluzioni tech per gestire il proprio patrimonio, quello dei clienti, o rendere la vita facile ai consulenti finanziari ha visto un’esplosione con soluzioni 360 che permettono in questo periodo complesso analizzare rischi e prendere decisione tempestive grazie soprattutto agli ormai noti e onnipresenti big data.

Matteo Concas – Co-founder di Penta

Europa per me significa far parte di un movimento che mette la diversità al centro del processo di creazione di una una società migliore.

Una diversità che non riguarda solo il relazionarsi con le altre persone, ma con noi stessi, come forma di arricchimento di quei valori e punti di forza che ognuno sviluppa lungo l’arco della propria vita.

Più ti esponi alle diversità degli altri è più sarà facile riuscire nell’intento di creare il vero te stesso e trovare un proposito nella vita senza per forza dover far riferimento a quello che invece ti è stato inculcato dalla nascita.

Alberto Dalmasso co-founder e CEO di Satispay

Satispay è nata con l’idea di essere una società europea, con l’obiettivo di diventare l’app finanziaria più utilizzata nel Continente. La forza con cui iniziamo a presentarci proprio in questi giorni in Europa, prima in Lussemburgo e poi in Germania, è l’esperienza di una crescita importante in un Paese come l’Italia che già è caratterizzata da diversità di approccio regionale importanti. Nelle regioni del Nord vinciamo perché c’è predisposizione ai pagamenti elettronici e il traino forte sono i consumatori, curiosi verso un servizio che semplifica realmente la vita, in quelle del Sud siamo maggiormente percepiti come unica vera alternativa alle carte, e driver di crescita sono più i negozi alla ricerca di soluzioni convenienti e trasparenti che diano supporto all’attività. Abbiamo studiato soluzioni che rispondono alle esigenze dei consumatori italiani, tutte cose tipiche di questo Paese che molto difficilmente verranno sviluppate con questa cura da parte di grandi colossi internazionali.

Ci siamo allenati così all’internazionalizzazione, che affrontiamo con un approccio locale molto forte. Per vincere nella sfida dei pagamenti frequenti, dei pagamenti di tutti i giorni, per diventare un’abitudine servono delle logiche domestiche. La grande e affascinante sfida per noi sarà di replicare la capacità di risposta alle esigenze nazionali in più Paesi a livello europeo per aggredire questo mercato unico, che però è ancora una serie di Paesi con caratteristiche simili ma anche diverse.

Elena Lavezzi – Head of Southern Europe di Revolut 

Negli ultimi anni l’Europa sta assistendo all’aumento del numero di aziende, di capitali e di talenti in ambito tech. Parallelamente, rispetto alla Silicon Valley, si sta distinguendo in ambito Fintech con alcune tra le scale-up più promettenti al mondo. Lavorare nel mercato europeo è però molto sfidante perchè a differenza di altri, è composto da una realtá frammentata con peculiarità locali spesso molto diverse tra loro in termini di educazione finanziaria, regolamentazione e aspetti socio-culturali, che non sono da sottovalutare. Per questo, poter investire localmente con dei team dedicati che abbiano la giusta esperienza può fare la differenza in maniera sostanziale. 

Giulia Pastorella – Global Strategy Program di HP

Sono rimasta affascinata di come la Corporate Culture dell’azienda americana per cui lavoro venga declinata nei diversi uffici presenti nei vari paesi europei. La meravigliosa diversitá della nostra Unione si materializza nelle piccole particolaritá locali, dalla scelta del mobilio a quella dell’intrattenimento in ufficio – senza dimenticare la mensa. E tra un commento scherzoso sull’accento dell’uno o i gusti culinari dell’altro, in realtá si lavora splendidamente assieme e ci si scopre ogni giorno. La diversitá fa la forza, in questo caso!

Aldo V. Pecora – giornalista, vip speaker, Top Fintech Influencer italiano secondo ABI 

Nonostante anagraficamente appartenga alla prima vera generazione di cittadini europei (ovvero quelli cresciuti dopo la caduta del muro di Berlino), vedo l’Europa come un ideale romantico ancora da raggiungere. Certo, è oramai un’organizzazione politica ed amministrativa con le sue regole, una sua moneta ed il suo mercato più o meno unico. Ma quello che era il sogno europeo, purtroppo, sta attraversando una crisi profonda. 

Abbiamo alle porte una stagione che si annuncia tragica per la ripresa economica e finanziaria dopo l’emergenza Covid-19, e quindi non abbiamo bisogno di mani invisibili, di nuovi Leviatani, di sgambetti tra questo o quel Paese europeo, bensì di iniziative volte a trattenere qui i nostri talenti, dando loro fiducia e tutti gli strumenti necessari perché competano dall’interno dell’Europa e non con l’Europa. 

In ultimo, so che vado off-topic, ma dopo aver citato la mano invisibile non posso non ricordare che il 9 maggio del 1978 un’altra mano, quella del terrorismo, uccideva il prof. Aldo Moro, ed un’altra ancora, quella mafiosa, uccideva il giornalista ed attivista antimafia siciliano Peppino Impastato. Il sogno europeo passa anche da esempi come loro.

Nicolò Pravettoni – Country Manager Crowdestate

Crowdestate è una società digitale che opera cross-country su 7 paesi Europei, adattando il proprio modello di business alle esigenze di ogni singola realtà. Essere una società Europea ci permette di crescere più velocemente e “scalare” il nostro business ad un numero di utenti molto più ampio. Il vantaggio è rilevante anche per i nostri utenti, che possono godere di una diversificazione ancora maggiore. Minori saranno le barriere in futuro e maggiori le opportunità per tutti.

Carlo Valentini, Marketing Manager in fintech, fashion-tech, higher education

Due anni fa un rappresentante italiano presso il parlamento dell’UE ha chiesto orientamenti per scrivere le regole europee per il crowdfunding. Erano interessati a come stavamo lavorando in quel momento, ma la nostra risposta fu un’altra. E userò quella risposta oggi, esprimendo un augurio.

Fintech per l’UE un’opportunità per progettare ciò che l’UE POTRÀ’ essere in futuro, non controllare come è oggi. Fintech ha trasformato il denaro in un nuovo tipo di informazione (prima l’informazione era preziosa come denaro): scorre liberamente, indifferente ai confini, e ora chiunque (più o meno) può creare nuovo denaro. Pensa alle criptovalute e alle monete alternative. Se controlli il flusso di denaro attraverso Fintech vedi che non siamo più italiani, francesi, tedeschi … Siamo europei. O addirittura solo cittadini di un unico mondo.

Solo i regolatori stanno ancora considerando la fintech come una questione nazionale: fintech è già come l’UE SARÀ: senza confini, agile, focalizzata sulle esigenze dei clienti (invece di cercare di dire ai clienti di cosa hanno bisogno), aperta.

È solo una questione di tempo e ben presto tutta la nostra società sarà come è il fintech oggi.