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ANTIRICICLAGGIO E BLOCKCHAIN

Oggi ne parliamo con l’avvocato Francesco Carità.

FT: Ciao Francesco, assistiamo a una crescente attenzione del legislatore verso i fenomeni fintech?

F: Ciao Paolo, si è vero, negli ultimi anni abbiamo assistito a numerosi interventi normativi sia a livello comunitario che nazionale, finalizzati a regolamentare, per quanto possibile, varie sfaccettature del fintech.

Del resto, la tecnologia ha da sempre influenzato il modo in cui vengono regolate le attività relazionali, e più in generale il diritto che governa  la Società.  Adesso, grazie all’avvento delle nuove funzionalità riferite ai diversi dispositivi elettronici, il mondo virtuale è diventato sempre più reale. Ciò è avvenuto anche nel mondo finanziario, per cui il fenomeno non poteva passare inosservato agli occhi attenti del legislatore.

FT: Negli ultimi anni ci si è concentrati soprattutto sulla blockchain…

F: A partire dalla fine degli anni ‘90, sono nati movimenti e gruppi di studio finalizzati a sviluppare reti  “peer to peer” e crittografia, per difendere la privacy di ciascuno, al riparo sistemi governativi e istituzioni bancarie, con la creazione di sistemi anonimi di firme digitali e monete virtuali.

Tale “ondata tecnologica” ha registrato un punto chiave con  l’introduzione del c.d. “blockchain” una struttura dati condivisa e immutabile che funge da  registro digitale, le cui voci sono raggruppate in blocchi, concatenati in ordine cronologico e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia.

La prima blockchain fu introdotta, nel 2008, con l’obiettivo di fungere da registro di tutte le transazioni attraverso le valuta digitale Bitcoin, consentendo a soggetti tra loro sconosciuti di poter intrattenere rapporti commerciali senza la necessità di un parte terza, gli istituti finanziari.

Dunque, si eliminano l’intermediazione degli istituti di credito, considerati come fonti di sprechi, costi e lungaggine in un commercio on line, caratterizzato dall’immediatezza e dall’economicità.

La blockchain, proprio per tali intrinseche peculiarità in termini di immodificabilità, sicurezza, affidabilità, trasparenza e costi, sta pian piano affiancando le banche dati e i registri gestiti in maniera centralizzata da autorità riconosciute e regolamentate.

Sono certamente tanti i vantaggi e le finalità positive che attraverso Blockchain si possono perseguire. Tuttavia, soprattutto per ciò che concerne l’utilizzo delle valute virtuali, non sfugge che esse, se per un verso recano benefici, per altro verso, possono risultare appetibili agli autori di crimini.

Proprio per tale ragione, e per l’espansione che tale sistema ha ottenuto, vi è stata negli ultimi anni una prolifica attività normativa in materia.

FT: Ti riferisci a possibili fenomeni di riciclaggio?

F: La velocità degli scambi su larga scala e la possibilità di evitare ingerenze esterne al sistema virtuale può semplificare il conseguimento di intenti criminosi sul piano transnazionale. Difatti, con una semplice connessione a internet, da qualsiasi luogo, l’utente può realizzare operazioni istantanee con le valute virtuali, garantendosi l’anonimato. Pertanto, il rischio di compatibilità tra sistema delle criptovalute e l’attività di riciclaggio diviene piuttosto elevato, stante che il sistema di blockchain non consente di risalire con certezza a chi utilizza questo sistema per “ripulire” il denaro sporco. Non vi è dubbio alcuno, infatti, circa la configurabilità della cripto valute quale “bene”.

FT: Come si è intervenuto per arginare il fenomeno?

F: Sia l’U.E, con la Direttiva (UE) 2015/849 poi aggiornata con la più recente Direttiva (UE) 2018/843, nota anche come “V Direttiva AML”, ed anche gli Stati Nazionali si sono preoccupati di porre regole di controllo per arginare il fenomeno.

Tuttavia, appare evidente la difficoltà di individuare un sistema di controllo antiriciclaggio efficace nell’ambito di un contesto che non necessita di soggetti intermediari, specie ove si consideri la caratteristica di un mercato così dinamico ed esteso, in cui la maggior parte delle operazioni riuscirebbe facilmente ad eludere la rete dei controlli.

FT: In Italia cosa ha fatto il legislatore?

F: Il legislatore italiano in attuazione delle direttive europee è intervenuto nel 2017  con D.lgs n.90 e poi 2019 con il d.lgs n. 125, adottando una normativa di dettaglio più specifica che offre importanti spunti di riflessione.

A partire da una propria precisa definizione della valuta virtuale, prevedendo per i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale l’obbligo di iscrizione in una sezione speciale del registro tenuto dall’Organismo degli Agenti e dei Mediatori (OAM), nonché estendendo  obblighi di identificazione e segnalazione, che caratterizzano la normativa antiriciclaggio, ai virtual currency exchanger ed ai wallet providers.

FT: Di quali obblighi stiamo parlando?

F: Virtual currency exchanger e wallet providers hanno il dovere di adottare procedure e sistemi di controllo idonei a mitigare e gestire i rischi di riciclaggio.

In particolare, ad essi spetta l’adeguata  verifica  della  clientela, l’identificazione  del  titolare  effettivo  dell’operazione,  l’acquisizione di informazioni  sullo  scopo  e  sulla  natura  del  rapporto continuativo o della  prestazione  professionale.

La valutazione delle  relazioni  intercorrenti  tra  il  cliente  e  l’esecutore,  tra  il  cliente  e  il  titolare effettivo  e  quelle  relative  all’attività  lavorativa,  la verifica  della  provenienza  dei  fondi  e  delle risorse  nella  disponibilità  del  cliente,  sulla  base  di  informazioni  acquisite  o  possedute  in  ragione dell’esercizio dell’attività. La due diligence sul cliente può essere più o meno intensa in relazione al rischio di riciclaggio, c.d. risk based approach.

Hanno inoltre un obbligo conservazione dei dati, dei documenti e delle informazioni previste per l’adeguata verifica nonché  di segnalazione delle operazioni sospette. Vi è anche l’obbligo per gli exchangers di comunicare all’Agenzia delle Entrate tutte quelle operazioni il cui valore supera i 15.000 euro. Evidentemente sono soggetti a sanzioni penali in caso di inottemperanza.

FT: Non sempre però gli operatori possono comprendere a pieno l’illiceità  dell’operazione

F: Hai perfettamente ragione. Occorre coniugare bene l’esigenza di prevenire fenomeni di riciclaggio, con le caratteristiche di un sistema in cui la fiducia tra tutti gli utenti, posti in posizione paritaria ed in assenza di organismi di controllo, rappresenta il presupposto del funzionamento del sistema stesso.

Per cui, è condivisibile l’argomentazione di chi ritiene che i professionisti non possano rispondere per aver agito nonostante sospettassero o avrebbero dovuto sospettare dell’illecita provenienza di quel profitto. Del resto, gli esperti rilevano che la percentuale maggiore di riciclaggio cd. via cripto avviene proprio riguardo a quei crimini ove il bitcoin o altra valuta si presenti già come fonte di reddito…

FT: Per cui verso quale direzione ci si deve muovere?

F: Se il legislatore riterrà di intervenire nuovamente per contrastare tali crimini, la direzione degli ulteriori controlli sull’utilizzo delle cripto valute non potrà riguardare i professionisti, ma dovrà indirizzarsi altrove, verso gli utenti, dovendosi però coniugarsi con il principio di segretezza e della protezione dei dati personali, fissati nel GDPR, e con le norme contenute nel codice della privacy.  Qualcosa al riguardo si inizia ad intravedere…

FT: Vale a dire…

F: La normativa antiriciclaggio sulla blockchain sta determinando importanti influenze anche sulle questioni di natura fiscale. A tal proposito, giova segnalare una interessante pronuncia del TAR del Lazio che ha confermato la legittimità del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate di includere, a mero scopo dichiarativo, le monete elettroniche nell’ambito dei redditi finanziari esteri.

FT: Siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata, come vedi l’evoluzione legislativa nei prossimi anni?

F: Considerato il ruolo di apripista europeo sulla materia, che spesso ha contrassegnato l’operato del legislatore italiano, è molto probabile che nei prossimi anni gli aggiornamenti relativi alla disciplina sulla criptovalute riguarderanno, oltre che gli aspetti volti a limitare l’attività di riciclaggio, con interventi diretti ai fruitori, anche disposizioni di natura fiscale. 

Il monito e la speranza è che negli eventuali progetti riformatori si riescano a bilanciare le esigenze di monitoraggio, controllo e prevenzione, con la natura e le caratteristiche della blockchain, in modo da non impedirne anche in Italia il pieno sviluppo delle sue potenzialità, che avrebbe delle ricadute rilevanti sulla economia reale.