FT: Partiamo dalla tua esperienza professionale, da dove sei partito e di cosa ti occupi oggi.
MM: Allora, sono partito ormai oltre 13 anni fa… durante gli studi ho fatto qualche stage tra Milano e Londra e poco prima della laurea sono entrato Mediobanca. Inizialmente mi sono occupato di origination e strutturazione di operazioni di finanziamento per corporate italiane, poi sono passato a gestire il portafoglio lending della divisione CIB ed infine sono diventato responsabile del coordinamento delle attività della sede di Londra dove ho concluso la mia esperienza in banca. Da qualche mese mi sono unito al team di Cardo AI per sviluppare l’offerta nel settore delle cartolarizzazioni sia lato prodotto che lato clienti. La Securitisation Platform di Cardo è un SaaS che consente a originator, investitori e servicer di gestire in maniera più efficiente le cartolarizzazioni. Il nostro prodotto supera l’utilizzo di file excel e altri sistemi frammentati tipici dell’industria, offre un unico punto d’accesso per la gestione di grandi quantitativi di dati, dando agli utenti la possibilità di creare statistiche evolute e personalizzate, effettuare analisi di scenario (anche con il supporto di algoritmi di ML e AI), nonché ottenere reportistica dedicata che risponde ai requisiti ESMA.
FT: Sono pochi i nostri connazionali che dall’estero tornano in Italia, soprattutto quando si parla di finanza, come hai preso questa decisione?
MM: È stata una decisione abbastanza facile: sono tornato per stare più vicino alla mia famiglia. Ho una figlia di 7 anni (oltre a una moglie) e vederla solo in video o 2 giorni alla settimana non era abbastanza.
FT: Banca e poi fintech, spiegaci perché.
MM: La componente tecnologica mi ha sempre affascinato, ho studiato programmazione e poi ho scelto il corso di laurea in Economia dei Mercati Internazionali e delle Nuove Tecnologie. Dopo tanti anni nella finanza tradizionale avevo voglia di nuovi stimoli e vedevo nel fintech un treno di opportunità che rischiavo di farmi scappare ogni giorno che passava e io ne rimanevo fuori. Il passaggio non è stato facile come pensavo inizialmente, ho dovuto studiare molto sia per rimettermi al passo con le evoluzioni tecnologiche, capire le tendenze del mercato e le caratteristiche dei vari prodotti e servizi, crearmi un network adeguato e, non da ultimo, selezionare i player più credibili.
FT: Su quali tecnologie avete scelto di puntare in Cardo?
MM: Partendo dall’obiettivo di fornire un prodotto che consenta ai nostri clienti di gestire grosse quantità di dati, velocemente e ad un basso costo, abbiamo lavorato per ottimizzare ogni singolo aspetto del processo di raccolta, archiviazione e gestione dei dati.
Abbiamo costruito il nostro prodotto in cloud per dare la possibilità di accedere alla piattaforma dovunque e con modalità diverse senza i limiti dettati della potenza di calcolo dei device utilizzati. Abbiamo realizzato un database evoluto che consente di evitare lo staging per buona parte dei calcoli effettuati abbattendo così i tempi di latenza. Offriamo agli utenti microservizi attraverso un’interfaccia basata su React JS totalmente indipendente dal backend per massimizzare la user exeperience e l’affidabilità della piattaforma.
FT: Come pensi si evolverà il fintech nei prossimi anni in Europa?
MM: Il settore attrae un interesse sempre maggiore sia da investitori privati che da istituzionali, ma siamo ancora lontani dai round milionari tipici della Silicon Valley. I prossimi mesi saranno fondamentali per tirare le prime somme sulla capacità dei player di resistere ai momenti difficili di mercato e agli effetti della crisi generata dalla pandemia di Covid-19, che si manifesteranno a pieno solo una volta che le misure di sostegno messe in campo dai governi termineranno. Credo che per consentire alle imprese europee di crescere e competere con player US ed asiatici servano da un lato un mercato davvero unico in termini di regolamentazione e possibilità di accesso ai capitali, e dall’altro degli stimoli concreti che permettano di superare la dimensione nazionale ed espandersi almeno a livello continentale, obiettivo che pochi player sono riusciti a raggiungere finora.
FT: Ti faccio un’ultima domanda con la speranza che possa essere di aiuto alla community di FT, ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation?
MM: Le grandi corporation offrono senz’altro dei percorsi di inserimento e crescita strutturati con delle esperienze di apprendimento definite che permettono di crearsi delle conoscenze specifiche molto solide ed in tempi brevi. In una start-up invece bisogna costruirsi il proprio percorso mentre si costruisce l’azienda e non è cosa per tutti. Lavorare in un ambiente poco strutturato, anche se ha degli svantaggi, ti porta a dover prendere decisioni in ogni momento (con le conseguenti responsabilità) ma allo stesso ti mette in “presa diretta” con il risultato del tuo lavoro.
Se si è pronti ad accettare le sfide, impegnarsi a fondo per migliorare il prodotto e se stessi, le start-up offrono opportunità uniche per imparare cosa serve a realizzare qualcosa.
Bisogna però stare attenti a scegliere dei progetti credibili portati avanti da team solidi, che siano in grado di mettere insieme vision ed execution, avendo allo stesso tempo la capacità di trasmettere valori e competenze ai propri collaboratori.