Durante il 2020 abbiamo intervistato decine di professionisti del settore Fintech in Italia. Ad ognungo di loro abbiamo rivolto la stessa domanda sotto forma di consiglio per i più giovani.
La domanda corrisponde ad un quesito che spesso ci viene posto da parte dei neolaureati che non sanno come avvicinarsi al mondo della finanza, oggi più che mai è contaminato dalla tecnologia:
“Ti sentiresti di consigliare un’esperienza in una start-up fintech a un giovane che appena completato gli studi o consigli prima un’esperienza in una grande corporation?”
Queste sono le risposte dalle 10 interviste più lette del 2020:
ADRIANO GERARDELLI, DIRECTOR AT PWC ITALY
Fintech e corporation, essendo realtà integrate e non solo complementari, risentono ognuna dell’influenza reciproca dell’altra, condizionandosi a vicenda ed evolvendosi nel continuo. Pertanto, l’ingresso di un giovane laureato nella prima o nella seconda, in nessun caso precluderebbe di attingere agli stimoli ed impulsi offerti dall’altra, in virtù della relazione fluida esistente tra le due. È tuttavia innegabile che entrambe le realtà offrano esperienze formative basate sul core-business e sulla struttura che le caratterizzano: lavorare in un’azienda di grandi dimensioni permette da subito di comprendere le principali dinamiche che la governano ed il settore in cui opera, acquisendo una visione macro del mercato di appartenenza. Allo stesso modo, il settore del Fintech, caratterizzato da estrema dinamicità e continua evoluzione, può risultare tanto accattivante quanto formativo per i giovani, offrendo loro la possibilità di approfondire ambiti legati all’innovazione e alla trasformazione digitale, in linea con il trend attuale e che, da ultimo, costituiranno i capisaldi dell’evoluzione del mercato nei prossimi anni.
ANTONIO LA MURA, COUNTRY MANAGER ITALY AT FINOM
Più che l’azienda, quel che mi sentirei di suggerire è lavorare all’interno di un progetto nuovo e sfidante, e in linea con le proprie ambizioni. Nel mercato ci sono aziende di pochi mesi che sono gestite con processi iper strutturati e realtà con più di 100 anni che hanno invece ancora la stessa agilità e ambizione di una startup. Per questo motivo suggerirei di concentrarsi più sul lavoro che si andrà davvero a fare, sulle persone con le quali si andrà a collaborare, a quanto si può imparare e sull’impatto che questo progetto può avere sulla propria crescita personale.
Che il tuo lavoro sia in una startup o in una corporation, per poter avere successo hai bisogno di coraggio, curiosità e resilienza. Se trovi il progetto giusto e convincente, allora sarà quella la scelta migliore.
CARLO GUALANDRI, FOUNDER E CEO DI SOLDO
Dipende totalmente dalla qualità dell’opportunità e dell’esperienza che può fare. Un ragazzo dovrebbe sempre ragionare su come investire per imparare di più e aumentare il proprio valore, soprattutto quando è giovane e non ha ancora vincoli.
Le possibilità migliori potrebbero venire sia dal mondo fintech che dal mondo della finanza classica ma la valutazione deve essere fatta in modo molto oggettivo.
FAUSTO MAGLIA, CHIEF PRODUCT OFFICER DI CASAVO
Limito la riflessione a chi, come me, ha sempre avuto una passione per il mondo tech senza però voler essere uno sviluppatore. Nel mio caso, l’interesse per il business era troppo forte per dedicarmi totalmente allo sviluppo software, anche se sono stato tentato.
Il consiglio principale è di leggere ciò che offre la letteratura: Clayton M. Christensen, Nir Eyal, Eric Ries, Marty Cagan e gli autori di “Play Bigger” sono i primi nomi che suggerirei. Consiglio poi, se non si ha la possibilità di seguire un percorso di carriera chiaro (non ci sono molte Google o Netflix qui da noi), di attivare dei side project per poter fare esperienza, e di fare magari un’esperienza all’estero nei grandi hub di innovazione digitale (Londra, Berlino, Amsterdam, Parigi ma recentemente anche Barcellona).
Il consiglio principale però è di non lasciarsi troppo affascinare da chi racconta le storie “romanzate” di startup di successo, perché si rischia di unirsi alla schiera di storyteller che l’innovazione la narrano soltanto. Come tutti gli altri percorsi anche quello nel mondo tech è in salita ed estremamente serio, e c’è bisogno di persone che abbiano voglia di apprendere, essere visionarie, ma che poi sappiano concretizzare tutto con razionalità.
FEDERICO ROESLER FRANZ, COUNTRY MANAGER ITALY AT RAISIN
Questo dipende dagli obiettivi personali, ma avere esperienza da entrambe le parti – in una startup o in un’azienda più tradizionale – è enormemente utile per comprendere le diverse esigenze, risorse e culture delle aziende più grandi e più vecchie rispetto a quelle più nuove e più agili. Chi lascia gli studi può anche notare che l’una o l’altra cultura si adatta meglio alla propria personalità: le startup fintech hanno spesso gerarchie flat e processi più semplici, e lavorare in una di esse può significare aiutare a costruire l’azienda dalle fondamenta e pensare fuori dagli schemi. Allo stesso tempo, lavorare in una grande azienda può significare imparare come un’azienda già di successo fa le cose, acquisendo esperienza con processi e strutture di team molto più complessi.
FEDERICO SFORZA, CEO & CO-FOUNDER AT AIDEXA
Assolutamente si, soprattutto se il talento ha voglia di affermarsi e di far accadere le cose. Negli ultimi mesi abbiamo attratto tra gli AideXer diversi talenti giovanissimi, provenienti direttamente dal mondo universitario: il valore che stanno contribuendo è sorprendente. Da un lato, le opportunità che hanno di crescere in un’organizzazione “flat” come la nostra, dove c’è tantissimo da fare e la responsabilità è “di chi se la prende” sono infinite. Dall’altro, possono essere giornalmente affiancati da competenze ed esperienza, sia nel mondo tecnologico che nel mondo bancario, che le supportano al momento del bisogno nella crescita, che avviene in modo accelerato. Ancora più importante: siamo persone prima di azienda, che hanno condiviso valori forti come l’imprenditorialità, l’innovazione, la velocità, la passione e l’entusiasmo. In questo ambiente, il talento può crescere, svilupparsi e “shape the future” immediatamente, anche del paese.
MARCO MASOTTO, HEAD OF SECURITISATION PLATFORM AT CARDO AI
Le grandi corporation offrono senz’altro dei percorsi di inserimento e crescita strutturati con delle esperienze di apprendimento definite che permettono di crearsi delle conoscenze specifiche molto solide ed in tempi brevi. In una start-up invece bisogna costruirsi il proprio percorso mentre si costruisce l’azienda e non è cosa per tutti. Lavorare in un ambiente poco strutturato, anche se ha degli svantaggi, ti porta a dover prendere decisioni in ogni momento (con le conseguenti responsabilità) ma allo stesso ti mette in “presa diretta” con il risultato del tuo lavoro.
Se si è pronti ad accettare le sfide, impegnarsi a fondo per migliorare il prodotto e se stessi, le start-up offrono opportunità uniche per imparare cosa serve a realizzare qualcosa.
Bisogna però stare attenti a scegliere dei progetti credibili portati avanti da team solidi, che siano in grado di mettere insieme vision ed execution, avendo allo stesso tempo la capacità di trasmettere valori e competenze ai propri collaboratori.
NICCOLÒ PRAVETTONI, COUNTRY MANAGER ITALY AT CROWDESTATE
Sono convinto che entrambe possano essere delle esperienze molto formative. La grande azienda insegna ad avere un metodo di lavoro strutturato e a seguire dei processi ben definiti. Dall’altra parte, lavorare in una startup fintech, è molto diverso. Gli obiettivi possono cambiare anche a distanza di giorni ed è necessario riuscire ad adattarsi velocemente al cambiamento. Ci sono però grandi opportunità di crescita e di fare la differenza sin da subito. Per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro credo possa essere un’opportunità molto stimolante!
ROMI FUKE, FONDATORE DI IN-LIRE
Il mio consiglio è di maturare prima delle esperienze nella finanza classica anche attraverso ruoli specifici all’interno delle imprese. Bisogna capire le dinamiche economico finanziarie reali e quindi le necessità del mercato, per avere l’intuizione realmente di successo. Molte idee purtroppo hanno poca aderenza con la realtà. Inoltre non basta la buona idea per lanciare una nuova impresa, spesso chi ha le idee non ha capacità imprenditoriale. Lo vediamo anche nel nostro settore con modelli che bruciano continuamente cassa.
STEFANO ROSSI, COUNTRY MANAGER DI LITA.CO ITALIA
Potendo scegliere, suggerirei ad un neolaureato di cominciare la propria carriera in un’azienda strutturata che possa permettersi di investire nella formazione dei propri dipendenti. Avrebbe l’opportunità di crescere in un ambiente protetto, imparando dai propri superiori e confrontandosi con i colleghi. Lavorare in una startup è una splendida opportunità di vita che consiglio a tutti ma che richiede, da subito, un elevato grado di autonomia ed una buona base di competenze consolidate.